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APPENA l’Italia finirà di fingere di stupirsi che a Roma il malaffare era organizzato in una vera e propria associazione mafiosa, e che quindi la capitale non è solo un ufficio di corrispondenza per la cupola siciliana, la ‘ndrangheta e la camorra, probabilmente l’attenzione dell’opinione pubblica tornerà a concentrarsi sulle sorti del Paese, sui suoi bisogni primari e sul banco di prova che attende le mosse della strana maggioranza che sostiene Matteo Renzi. In nome delle riforme, che pure sono necessarie, i punti cardinali dello scenario politico non sono certissimi, e quindi, non potendosi la gente riferire nettamente a centrodestra o centrosinistra per rendere meriti o attribuire insuccessi, il destinatario dei voti (da 0 a 10) sarà principalmente il premier. In questa fase di sospensione – nei fatti – del bipolarismo e delle chance offerte dalla logica dell’alternanza a cui pensavamo di esserci abituati, Matteo Renzi si gioca tutto. Se l’Italia “cambierà davvero”, se questa è “la volta buona”, come lui continua a sostenere per slogan nei suoi tweet, lo si vedrà in tempi ragionevolmente brevi. 

A prescindere dai giudizi degli analisti delle società internazionali di rating e anche dalle logiche degli investitori mondiali, molto spesso più complesse di quanto le oscillazioni dello “spread” possano suggerire, noi italiani saremo capaci per primi di avvertire sulla nostra pelle se realmente le cose prenderanno una piega diversa, se ci sono segnali capaci di farci prefigurare scenari diversi da quelli catastrofici (l’ultimo, in ordine di tempo, è quello disegnato due giorni fa dal rapporto annuale del Censis) a cui abbiamo fatto l’abitudine ma, soprattutto, se nella nostra vita di tutti i giorni tocchiamo con mano spiragli di speranza.

Non ci vorrà tanto per capire se il “jobs act” voluto da Renzi e approvato nei giorni scorsi (“Una legge fondamentale, rinviata per anni, ma adesso realtà”, come sostiene lui) possa essere davvero utile a scuotere il mercato del lavoro e se alla fine, insomma, prevarrà il diritto al lavoro o il sacrificio di diritti dei lavoratori (di quelli ancora rimasti).

Proprio in questa fase storica in cui in nome delle riforme le ideologie sembrano essere state messe in soffitta, la prova dei fatti è l’unica che può dare delle indicazioni. Ci si augura positive.

E la stessa marca di cartina al tornasole (quella che si basa solo sui fatti) appare utilizzabile in Calabria. Il governatore eletto, Mario Oliverio, non ha un problema di imbarazzo ideologico (ci ha tenuto a dire subito che lui è un presidente comunista, e per di più non ci sono spazi per alleanze anomale come quella nazionale); ha vinto in maniera netta le elezioni, come aveva vinto nettamente le primarie (e il candidato governatore del Pd di Renzi, come si ricorderà, non era lui). 

Nelle prossime ore dovrebbe finalmente essere proclamato (fino ad oggi problemi negli scrutini impediscono di conoscere ufficialmente la composizione del consiglio) e sembrerebbe intenzionato a varare una mini-giunta tecnica in attesa di un’auspicata “armonizzazione” dello statuto regionale che gli consentirà di completare la sua squadra e poi anche per lui inizierà a scorrere la clessidra della prova dei fatti.

Ci si augura solo che le incongruenze della legge elettorale regionale non facciano sprecare troppo tempo sottraendolo alle mille cose da fare. Quella stessa legge, per capirci, che prevederebbe l’incredibile, brutta e illogica esclusione dal Consiglio di Wanda Ferro, la candidata governatrice di Forza Italia arrivata seconda e quindi, va da sé, l’esponente principale dell’opposizione.

Inutile ricordare lo stato pietoso in cui vive la regione dei cento allarmi (rifiuti, sanità, occupazione, trasporti…): basta sfogliare il Quotidiano in un giorno qualunque per trovarne documentate testimonianze. 

Utile e bello, invece, è scoprire la Calabria dei calabresi, molto spesso giovanissimi, che hanno scelto la via del fare. Di fare bene e di farlo qua, senza dover necessariamente preparare le valigie.

E’ la Calabria di Giuseppe Naccarato, un ingegnere di 31 anni, al vertice di Altrama Italia e fondatore di Viaggiart, pluripremiata startup sul turismo che rappresenterà nei mesi prossimi la Calabria e l’Italia a Smau Berlino. Proprio ieri, su questo giornale, Naccarato ha lanciato la sua idea su come “provare a ripartire dalla cultura”. E’ calabrese, è giovane, e pensa che “il confronto rappresenta la vera benzina per ‘pensare in grande’ anche in Calabria”.

Ma la novità che pare emergere in questa terra non è legata solo all’innovazione, alle idee che hanno a che fare con il web e il mondo delle tecnologie in generale. Risiede, piuttosto, in quell’esigenza di “confronto”, di “fare rete” che nella mente dei più giovani pare abbattere resistenze storiche che spesso hanno frenato il successo delle idee e del coraggio di metterle in atto che pure ci sono sempre stati. Il fare insieme, i benefici che da esso possono derivare per tutti, potrebbe essere una delle chiavi di volta. 

I segnali ci sono. Eccome. Qualche giorno fa, a San Giovanni in Fiore, si sono ritrovati a lavorare insieme per una serata tre giovani chef calabresi, usciti dalla scuola di Gualtiero Marchesi e con un avvenire sicuro. Antonio Biafora, da San Giovanni, Bruno Tassone, da Pizzo, ed Emanuele Strigaro, da Crotone. Ognuno ha il suo ristorante, in ogni caso la sua strada. Eppure hanno cucinato insieme. Condividono la stessa idea, che è la necessità (ed anzi l’opportunità) di creare un marchio Calabria, che percepiscono molto più forte di quelli dei singoli ristoranti. 

Eppure quello dell’alta cucina è un settore dalle spiccate individualità anche in zone in cui, diversamente dalla Calabria, la tendenza al fare insieme è consolidata da diversi decenni. Non era, per loro, la prima occasione di confronto, di collaborazione. Ed anzi come loro ce ne sono altri, da Catanzaro, da Cosenza… altri talenti e, soprattutto, altre, identiche mentalità nuove. 

Ecco, forse è in questo la novità da coltivare. Perché se le potenzialità ci sono sempre state, forse quello che mancava, e che in gran parte ancora manca, è una visione nuova, un modo diverso di intendere il futuro. Acchiappandoselo insieme per regalarne un pezzetto anche a questa terra.

Twitter: @ro_valenti

 

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