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RENZI sarebbe orientato a istituire un Ministero per il Mezzogiorno. E la notizia dell’intenzione esternata dal presidente del Consiglio ha stimolato nella settimana appena trascorsa un dibattito – che, peraltro, si preannuncia nutrito e vivace – sull’utilità o meno dell’iniziativa. Utilità, evidentemente, per chi vive nel Mezzogiorno e ci vive male, vuoi per servizi essenziali negati, vuoi per la mancanza di pre-condizioni di sviluppo. 

Roba per studiosi e politici, il dibattito: occasione per una ennesima lettura critica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno, faccenda che ci avevano abituato a pensare come archiviata, momento per tracciare a mente un po’ più fredda il bilancio delle cose buone ma anche delle nefandezze attribuibili a quel modo di intendere le questioni più ricorrenti in un pezzo dello Stivale, confronto per capire se con un dicastero sul Sud si faccia un passo in avanti o se ne facciano moltissimi indietro (di decenni, per intenderci). 

Affinché, però, anche il cittadino calabrese medio possa dire la sua (o quantomeno farsi un’idea nell’intimità dei suoi pensieri) su questo Ministero, occorrerà attendere di capire – se e quando verrà battezzato – quali funzioni ad esso verranno affidate. Sembrerà banale, ma in una regione piagata come la nostra interessa probabilmente sapere se c’è il disinfettante disponibile per lenire qualcuna delle sue piaghe, piuttosto che apprendere che c’è una generica rinnovata attenzione per il Sud. 

Possibilmente sapere che quel disinfettante c’è, ma anche chi, come e quando lo applica sulle ferite. Questo per un giudizio sul possibile nuovo Ministero. Del resto, la Calabria attende di dare un giudizio anche sulla “cabina di regia” istituita dal premier per i problemi più grossi della regione: se davvero si vuole cambiare rotta, almeno in questo pezzo di Mezzogiorno, sarà bene giudicare sui fatti, come peraltro ha chiesto lo stesso governatore della Calabria, Mario Oliverio. 

Ora, se sul Ministero per il Mezzogiorno ci sarà da dibattere, su qualche altra cosa c’è già materia per giudicare: per esempio sulla lentezza intollerabile che ancora non ha portato il Governo a nominare il commissario per la Sanità in Calabria. Il governatore Oliverio chiede di avere affidate lui le redini della sanità, e forse a ragion veduta visto che in questo caso si assume fino in fondo la responsabilità diretta di amministrare un settore che non solo occupa gran parte del bilancio regionale, ma che incide direttamente sulle fasce più deboli e sofferenti. Fatto sta che ancora quella nomina non c’è e quindi, probabilmente, non c’è ancora la possibilità di mettere mano con vigore e tempestività alle storture che rendono il servizio sanitario calabrese sofferente. Molto sofferente. 

C’è da mettere mano agli sprechi, c’è anche da far capire – se si vuol essere seri – che assistenza sanitaria efficiente non vuol dire neppure avere un ospedale ogni cento abitanti, ma c’è da fare una verifica urgente dello stato effettivo del servizio, impresa non semplice ma certamente non impossibile. Si scoprirebbero decine di situazioni odiose. Gli esempi sono numerosissimi, e chi ne è a conoscenza ha il dovere morale di renderli pubblici. Eccone uno: per i protocolli internazionali, in Calabria la rete di Radioterapia è organizzata in tre sedi: Reggio, Catanzaro (dove ce ne sono due perché c’è anche quella universitaria) e Cosenza. 

A Reggio ci sono due macchinari (si chiamano “acceleratori”) vetusti, ma l’Azienda sanitaria pare abbia bandito recentemente la gara per la loro sostituzione. 

A Catanzaro ci sono in tutto quattro acceleratori nuovi e due apparecchi Tac-simulatori. 

A Cosenza ci sono due acceleratori (manca quello Tac-simulatore): uno è abbastanza nuovo (del 2007), l’altro, a dispetto del nome (“Saturno 41”) che farebbe pensare ad arnesi da guerre stellari, è in prognosi riservata. E’, infatti, un macchinario del 1997, da anni fuori produzione, e la ditta che l’ha costruito ha già comunicato che la manutenzione è sempre più difficile perché non si trovano i pezzi di ricambio. E’ talmente obsoleto che viene utilizzato al 50%. Ma il primario dell’unità (che si trova nell’ospedale Mariano Santo) che fa? E che altro dovrebbe fare, visto che da sette anni scrive all’Azienda chiedendo la sostituzione del macchinario? Da sette anni, Luigi Marafioti, che appunto dirige il reparto che deve servire tutta la provincia, ovvero più di 700mila persone, ripropone la questione periodicamente. Senza risultato. E non stiamo parlando di un centro benessere dove si va per abbronzarsi. Eppure con un macchinario nuovo, conti alla mano, le liste d’attesa (attualmente tre/quattro mesi) sarebbero azzerate e si eviterebbe anche ai poveri pazienti (che ogni giorno fanno ore di macchina per la terapia) di rimanere senza prestazione quando accade che l’acceleratore vada in tilt. L’apparecchio costa? E gli sprechi no? E se i pazienti vanno fuori regione la sanità calabrese non ne ha forse un danno economico? E poi, crediamo davvero che sia solo un fatto di costi? Lo stesso reparto era soggetto a dannose infiltrazioni di acqua e alcune apparecchiature poste fuori erano soggette a guasti per via della pioggia. Per fare una tettoia in profilati metallici ci sono voluti anni. Importo dei lavori? Cinquemila euro. Se ripianare i conti della sanità calabrese vuol dire andare avanti così…

Rocco Valenti
twitter: @ro_valenti

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