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UNO sente dire: c’è la deviazione; e immagina un intermezzo fastidioso dell’autostrada, ma gestibile con un pizzico di pazienza. Invece no. Tra Mormanno e Laino Borgo non c’è una semplice interruzione della Salerno-Reggio Calabria. Agli automobilisti viene offerto un viaggio extra di mezz’ora sulle strade del Risorgimento. Un’emozione forte da Parigi-Dakar, solo che al posto del deserto c’è un budello che si arrampica sulle montagne, da far venire le vertigini anche a uno come Messner. Curve, contro curve, tornanti a gomito, un percorso tortuoso tra discese e salite appese, con una carreggiata stretta, angusta. E poi buche, segnaletica latitante, improvvise incursioni in piccoli centri abitati che hanno visto moltiplicare per mille il numero dei veicoli. In alcuni punti non ci sono barriere, improbabili paletti di legno sorreggono teloni bucherellati di plastica per avvisare che la strada è finita e oltre c’è lo strapiombo, il vuoto. 

LEGGI LA NOTIZIA SUL CROLLO DEL VIADOTTO DELL’AUTOSTRADA SALERNO-REGGIO CALABRIA COSTATO LA VITA AD UN OPERAIO

 Gli addetti dell’autostrada fanno quello che possono. Tutta la notte vigilano con i radiotelefoni i tratti più pericolosi, dove due auto farebbero fatica a passare. La strada è brutta, angosciante, non ci sono più di 70 metri di rettilineo. Percorrerla in pullman durante la notte è da brividi. L’ultima volta su un bus calabrese diretto a Roma, a bordo è calato un silenzio pesante e preoccupato. Mani salde sul volante, concentrazione al massimo, occhi incollati sull’asfalto grattugiato. E scongiuri. Una piccola distrazione potrebbe essere fatale, tragica. Di giorno è ancora peggio perché per gli autisti non c’è il fascio di luce dei fari che avvisa l’arrivo di un altro mezzo in senso opposto. Questo è l’inferno che gli sventurati autisti della Salerno-Reggio Calabria affrontano dopo il crollo del viadotto, costato la vita a un giovane operaio. Quanto tempo durerà ancora? Nessuno lo sa. La vicenda della cricca delle opere pubbliche, i guai giudiziari del direttore generale dei lavori, le dimissioni del ministro Lupi rischiano di aggrovigliare ancora di più la matassa. 

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La Procura di Castrovillari non se la sente di sbloccare il cantiere e manterrà il sequestro fino a quando non avrà certezze sulla sicurezza (LEGGI LA NOTIZIA SULLA NOMINA DEI CONSULENTI E SUL BOCCO DEL VIADOTTO). Giusto. Due periti sono già al lavoro, ma intanto il tempo incalza (con la i minuscola) e la prospettiva di arrivare all’estate in queste condizioni spaventa tutti. C’è il rischio della grande fuga dei turisti o di mandare in tilt sul versante jonico la statale 106, come dire l’altro girone infernale degli automobilisti. Ecco perché bisogna fare presto e bene: l’impiccio è grosso, la sicurezza è al limite anche sul percorso alternativo. Con il crollo del viadotto sono state abbattute le certezze costruite in questi ultimi anni sulla solidità dell’opera autostradale più tormentata del mondo. Il pilone sfregiato dalla montagna di cemento e ferro precipitata all’improvviso ha creato non poche perplessità. Molti sono tornati a vedere i fantasmi di un passato chiacchierato. La precauzione dei magistrati è giusta. Ma c’è un altro discorso da affrontare. Non esiste oggi per la Calabria una rete stradale valida in grado di sopperire ai guai della Salerno-Reggio Calabria. 

Per qualsiasi motivo (e qui gli scongiuri ci stanno tutti) dovesse esserci una calamità grande, disastrosa, anche i mezzi di soccorso e le forze incaricate di fronteggiare l’emergenza avrebbero problemi insormontabili. Non solo si rischia l’isolamento totale, ma anche il blocco interno, la paralisi, l’impossibilità di effettuare qualsiasi intervento. C’è qualche testa d’uovo della politica che si è posto il problema? Il 2015 è stato battezzato dal nostro giovane e scoppiettante presidente del Consiglio come quello del “ritmo”. Una parola che risuona beffarda nelle orecchie di ogni calabrese quando è costretto a districarsi sulla deviazione tra Mormanno e Laino Borgo. Ritmo, ritmo, ritmo, come urlavano i maestri di ballo di una volta. Ma qui sembra tutto rallentato. Che fine hanno fatto le visite trimestrali del premier in Calabria? 

E la cabina di regia (LEGGI LA NOTIZIA DELLA SUA ISTITUZIONE)? D’altronde, se ci sono voluti mesi e mesi solo per proferire il nome del commissario per la sanità, è facile dedurre che il “ritmo” sarà incalzante a Roma, ma poi si spegne quando deve imboccare la direzione Sud. Non è la prima volta. Ma è ora che il loquace primo ministro dica anche una parolina su questo pateracchio della Salerno-Reggio Calabria, finora ignorato con grande indifferenza. Con la speranza che non arrivi solo il solito twitter leopoldiano dello “state sereni”: allora sì che gli scongiuri saranno obbligatori.

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