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Il sequestro di un depuratore

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La presentazione delle candidature per l’elezione di sindaci e consigli comunali in circa 80 comuni calabresi è un’occasione importante per porre una questione “nuova”: la depurazione

La presentazione delle candidature per l’elezione di sindaci e consigli comunali in circa 80 comuni calabresi (con in testa il capoluogo di regione) è un’occasione importante per porre a chi aspira ad amministrare una questione “nuova”: la depurazione.

Proprio così, una questione nuova per moltissimi comuni (dire la maggior parte, stando a quello che emerge giorno dopo giorno, non sembra azzardato) perché finché una questione non è risolta è sano ed auspicabile che la si consideri “nuova”. Meno dignitoso (e, mai come in questo caso, meno salutare) sarebbe dire: è una storia vecchia e quindi lasciamo tutto com’è.

In questa terra, il ripristino e, in qualche caso, l’avvio di sistemi funzionanti di depurazione degli scarichi civili e industriali (aggettivo grosso, quest’ultimo, eh?) rappresentano una priorità, la priorità. E a chi storce il naso giovi considerare che in Calabria (la cui potenzialità turistica non è quella dei Segue dalla prima pagina proclami, quanto, piuttosto, quella che percepisci nettamente percorrendo ogni singolo chilometro di questa terra bellissima) turismo può significare lavoro. Non è più tollerabile sporcare le cartoline dalla Calabria con le chiazze marroni nel mare. Non è più tollerabile perdere tempo in dibattiti sull’opportunità o meno di denunciare questi scempi, piuttosto che sull’attribuzione a questo o a quello della responsabilità delle multe salate che per la depurazione che non depura l’Unione europea ci invia con posta prioritaria. E’ una questione che riguarda ogni singolo comune, quand’anche fosse popolato da venti anime, quand’anche fosse appollaiato su una delle montagne che, anch’esse, contribuiscono alla straordinaria bellezza di questa regione.

Il mare, già. Non è tanto un problema di Bandiere blu, i riconoscimenti assegnati dalla Fee sulla base di una serie di criteri che vanno dai servizi alla qualità delle acque, dall’efficienza del sistema di depurazione alla presenza di un numero adeguato di cestini per i rifiuti. Pochi giorni fa ne sono state assegnate sette alla Calabria (su 800 chilometri di costa), poche, verrebbe da dire, se paragonate alle 27 attribuite alla Liguria (che ha poco più di 300 chilometri di costa). Se valesse l’equazione bandiera blu uguale mare bello, allora la Calabria non sarebbe certamente agli ultimi posti, considerato che Sardegna e Sicilia, la prima con 1850 chilometri di costa, la seconda con circa 1630 chilometri, comprese le isole minori, hanno avuto, rispettivamente, solo 11 e 7 vessilli. L’equazione, però, non è valida per tanti motivi, primo tra tutti la circostanza che per ottenere le Bandiere blu i Comuni devono fare domanda e produrre una caterva di documenti attestanti il possesso dei requisiti. Ci sta, quindi, che molti comuni non abbiano fatto richiesta. E alcuni non l’hanno fatta, come quello di Ricadi, perché, come ha spiegato qualche giorno fa al Quotidiano del Sud il sindaco, Giulia Russo, non avendo tutti i requisiti, partendo proprio da un sistema imperfetto di depurazione, sarebbe stato tempo sprecato. Ora, nessun essere umano di buon senso (e di discreta vista) oserebbe mettere in dubbio che la provincia di Vibo (Tropea, Capo Vaticano… vi dicono qualcosa?) ha nel suo territorio autentici pezzi di paradiso, eppure quest’anno nessuna bandiera blu sventolerà in quegli incantevoli scenari costieri. E con altrettanto rigore bisogna mettere in conto che non tutti i centri della provincia di Vibo – costieri e non – sono dotati di efficienti sistemi di depurazione dei reflui. E lo stesso discorso, sia per scenari paradisiaci che per depuratori inadeguati, vale per tutte le province della Calabria. Ed è sempre bene ricordare che la questione “nuova” riguarda in egual misura i centri della costa e quelli dell’entroterra, giacché è ormai accertato che molte schifezze non depurate nelle aree interne finiscono nei fiumi (senza controllo e senza clamori) e quindi in mare.

Tornando alle Bandiere, inutile negare che anche queste hanno la loro importanza, in un’epoca in cui molta gente (soprattutto quella non del posto) ha l’occhio ormai abituato alle pagine delle guide e ha dimestichezza con Bandiere sul mare, stelle, forchette e cappelli per gli chef e i ristoranti e via dicendo. La priorità resta sempre l’obbligo morale, prima ancora che giuridico (peraltro sanzionato penalmente) di rendere funzionanti ed efficienti i depuratori, senza se e senza ma, poi se con uno sforzo successivo si migliorano anche i servizi per ottenere tante Bandiere blu, ben vengano. Inutile dire che se per assurdo si potesse avere qualche vessillo per raccomandazione, servirebbe a poco, perché funzionerebbe esattamente come per il ristorante di uno chef stellato: se mangi cibo scadente e preparazioni veloci da studenti fuori sede di bocca buona, non solo non ci torni più, ma spargi anche la voce poco benevola (com’è giusto che sia). Negli ultimi venti giorni abbiamo scritto sulla depurazione cose note, poco note e alcune addirittura impensabili: un dirigente regionale ha denunciato che nella vecchia gestione commissariale sono stati sprecati in cinque anni 900 milioni di euro, il piano di efficientamento degli impianti stenta a decollare, il depuratore di Crotone (capoluogo di provincia, sul mare) abbiamo scoperto che non funziona da quasi un anno e mezzo (ovvero i reflui escono così come entrano, circostanza di inaudita gravità che non può e non deve essere archiviata come “una cosa che può capitare”). E ancora: ci sono comuni che non hanno l’autorizzazione per i depuratori, alcuni sono fuori uso. Insomma, una situazione di emergenza per la quale la questione deve essere considerata necessariamente “nuova”. E se qualche sindaco ritiene di non avere i fondi sufficienti per ripristinare la normalità nella depurazione (ammesso che sia mai esistita) o gli strumenti per farseli assegnare, o altri impedimenti, non alzi la bandiera bianca in segno di resa, ma abbia il coraggio di sventolarne un’altra come segnale pubblico di richiesta di aiuto.

I candidati a sindaco se lo appuntino, se lo ritengono: questa questione “nuova” deve essere in cima ai loro programmi, e non solo per evitare procedimenti penali, ma per un dovere ineludibile verso la bellezza della Calabria, che se solo recuperasse in efficienza e lungimiranza, sarebbe disseminata di Bandiere come un campo qualsiasi, oggi, lo è di erbaccia. 

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