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Un'aula scolastica

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TRA pochi giorni riapriranno le scuole. Una normativa dello Stato prevedeva che a fine dell’appena passato mese di agosto dovevano essere effettuati negli edifici scolastici, soprattutto nelle aree del Paese a maggiore rischio, i test di vulnerabilità sismica. Per sapere, in poche parole, se le strutture scolastiche siano a norma,  cioè relativamente “sicure”, se, insomma, rispondano ai requisiti tecnici previsti dalle più recenti norme.

In Calabria, nel cui territorio ci sono soltanto aree ad elevato ed elevatissimo rischio sismico, in molti casi non si sa nulla. Ci sono cioè scuole in cui i test non sono stati fatti (come in molte altre parti d’Italia). La soluzione adottata da questo Paese dei post e dei selfie, sulla falsariga di tempi passati, è stata geniale: il termine per le prove sugli edifici è stato prorogato al 31 dicembre prossimo. Lo ha confermato, in una intervista pubblicata ieri sul Quotidiano del Sud (LEGGI L’INTERVISTA), Gianluca Callipo, presidente regionale dell’Associazione nazionale dei Comuni.

Sempre sul Quotidiano, nei mesi scorsi sono state pubblicate inchieste e interviste sulla situazione dell’edilizia scolastica, proprio in relazione al capitolo sicurezza. E un dirigente della Provincia di Cosenza contestava, tra l’altro, il fatto che le risorse finanziarie per questo aspetto delicato vengano messe a bando. Così come si fa, per esempio, per i pannelli solari sugli edifici pubblici, o per dare contributi alle imprese agricole e via dicendo. Fatto un bando con fondi limitati, alla fine alcune scuole saranno assegnatarie delle risorse e altre no: verrebbe anche da chiedersi con quali criteri vengono individuati i “vincitori”.  Finiti i quattrini, per le scuole escluse l’unica via è attendere il bando successivo. La sicurezza delle strutture scolastiche, cioè, in questo Paese, vale quanto impiantare un campo di patate attingendo a risorse comunitarie, messe a bando, appunto.

Quando, poi, succedono le disgrazie, si parla di emergenza sicurezza (quantomeno per la componente di prevenzione che ci può mettere l’uomo), ma sono solo chiacchiere. Anzi, ipocrisie. Perché un Paese serio, prima ancora che adoperarsi per ridurre il prezzo della benzina (cosa, peraltro, non fatta), nelle zone a rischio sismico più elevato mobiliterebbe immediatamente tutte le forze disponibili (compreso il genio militare: ce ne sono ingegneri lì, no?), senza se e senza ma, per verificare se le scuole dove vanno i nostri ragazzi siano adeguate e sicure. Adesso, e non quando ci saranno fondi disponibili. Diversamente, vuol dire che la sicurezza delle strutture scolastiche non interessa. Sono auspicabili smentite, possibilmente con  fatti concreti. (LEGGI UN ALTRO EDITORIALE DEL DIRETTORE SU UN TEMA SIMILE)

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