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A proposito di elezioni regionali, un paio di considerazioni su quello che è stato l’appuntamento elettorale e quello che verrà dal nuovo governo calabrese. Astensionismo, per iniziare. La percentuale (44% circa) di chi si è recato alle urne deve essere interpretata (e ricalcolata). E il motivo, come ha scritto già ieri su queste colonne la collega Maria Francesca Fortunato (LEGGI) è da ricercare nel fatto che tra gli aventi diritto al voto sono conteggiati circa 350mila calabresi che vivono all’estero (da pochi o da molti anni) e sono iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), i quali, pur non essendo residenti in Calabria hanno facoltà di esercitare il diritto di voto, anche per le regionali, ma in questo caso, a differenza delle politiche, dovrebbero tornare in Calabria (dall’Australia, tanto per fare un esempio) per compilare e inserire la scheda nell’urna.

Si spiega così il dato degli aventi diritto (1.895.990) riportato dal Ministero dell’Interno che è sensibilmente superiore a quello dei residenti in Calabria maggiorenni (1.632.064 secondo l’Istat al primo gennaio 2019).

Ora, appare più corretto dire che alle urne, domenica scorsa, si è recato non il 44% circa, ma il 54% circa dei calabresi (di costoro che vivono in questa regione). Percentuale bassa, per carità, ed anche in calo, come documentiamo nel giornale di oggi, ma più aderente alla realtà rispetto a quel 44%.

Se, in questo momento storico, qualcuno chiedesse di rappresentare la Calabria con due numeri, il 44 e il 54 potrebbero essere un buon punto di partenza.

Dietro il 44, infatti, c’è quell’altra cifra, ben più consistente sebbene molto approssimativa, che è 350mila, ovvero la stima degli italiani maggiorenni residenti all’estero (gli iscritti totali sono 405mila).

Possiamo anche aggiungere i calabresi che hanno fatto le valigie, anno dopo anno, per trasferirsi in altre regioni italiane e prendono così forma quelle parole o espressioni (emigrazione, spopolamento, desertificazione, cervelli o meno in fuga…) che ricorrono nelle analisi sulla regione.

E poi sono da considerare tutti coloro, lavoratori o studenti, che pur mantenendo la residenza in Calabria vivono in altre regioni; e ne abbiamo parlato nei giorni passati sempre a proposito dell’astensionismo, giacché molti lavoratori o studenti che erano tornati in Calabria per ricongiungersi con le famiglie in occasione delle feste natalizie difficilmente sono tornati dopo 20 giorni solo per votare. Il 44, nel senso che si è detto, per la Calabria induce a provare amarezza.

Ma anche il 54 non è da meno, da questo punto di vista. Sebbene interpretato e “ritoccato” mentalmente tenendo conto di tutti coloro che non sono tornati per votare dalle regioni in cui studiano o lavorano (non è quasi mai una passeggiata), questo numero rappresenta una percentuale bassa di coloro che hanno ritenuto di recarsi alle urne per scegliere chi dovrà governare la Regione.

Una percentuale in continuo e netto calo negli ultimi dieci anni, che rispecchia, evidentemente, un incontestabile grado di sfiducia.

Scoramento per i problemi che in questa terra si trascinano da decenni o sfiducia per i programmi di chi si è presentato all’elettorato, come hanno scritto ieri sul Quotidiano, nelle loro analisi, Filippo Veltri ed Enrico Caterini.

Di certo non c’era bisogno di aspettare le elezioni regionali e di registrare il basso tasso di affluenza alle urne, cercando di decifrarlo, operazione peraltro sempre necessaria, per avere la percezione nitidissima che in Calabria non si vive bene. E non dall’anno scorso. Basta solo parlare di sanità.

Chi si sente sicuro in questa terra? Chi potrebbe esserlo a leggere ogni giorno di inefficienze, di situazioni di grave rischio, di medici e infermieri che non ci sono, di macchinari rotti e di ambulanze da rottamare? E non si parla di conti, né di commissari, men che meno di commissari dei commissari e via dicendo.

Il risultato finale, ad oggi, non incoraggia, nonostante – ed è bene ricordarlo per un senso di giustizia anche nelle riflessioni – in questa regione non manchino le eccellenze.
Da decenni la situazione è andata via via peggiorando. E oggi, per il nuovo governo della Regione, guidato da Jole Santelli, si prospetta un banco di prova delicato, che racchiude in sé, volendolo, una sfida di portata storica: cerchino di invertire la rotta.

E in ciò c’è poco di politico, ancor meno di ideologico e di partitico. C’è in gioco quell’indice di sfiducia nella gente del quale il tasso di non partecipazione al voto è solo uno degli indicatori. Diversamente gli elettori sono destinati ad essere sempre più numerosi dei residenti. E il 44 e il 54 dovranno essere ritoccati. Al ribasso.

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