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REGGIO CALABRIA – Il “Piano casa 2 ” della Regione si adegua alle obiezioni poste dal Governo. La quarta Commissione consiliare “Assetto e utilizzazione del territorio-protezione dell’ambiente”, presieduta dal consigliere Alfonso Dattolo, ha approvato all’unanimità la nuova formulazione della legge regionale «Modifiche alla legge regionale n. 41 del 4 novembre 2011», in materia di edilizia sostenibile. Si è proceduto nella stessa direzione e dunque accogliendo le osservazioni espresse dal Consiglio dei Ministri, anche per la legge regionale «Modifiche alla legge regionale n. 7 del 10 febbraio 2012», meglio conosciuta come «Piano Casa». Quest’ultimo provvedimento è stato approvato a maggioranza avendo l’opposizione sollevato una serie di questioni metodologiche sui tempi procedurali per la convocazione della seduta e la presentazione degli emendamenti. 

A margine dei lavori, il Presidente Alfonso Dattolo ha dichiarato: «Si sanano le eccezioni di incostituzionalità sollevate dal Governo e si forniscono strumenti normativi innovativi per l’edilizia e per il governo del territorio calabrese. Auspico che i due provvedimenti vengano inseriti all’ordine del giorno della prossima seduta del Consiglio regionale già convocato per giovedì 10 maggio». Hanno preso parte alla seduta i consiglieri Mario Magno (Pdl), Alfonsino Grillo (Scopelliti Presidente), Ennio Morrone (Pdl), Fausto Orsomarso (Pdl), Giuseppe Giordano (Idv), Demetrio Battaglia in sostituzione di Carlo Guccione (Pd), Antonio Rappoccio (Insieme per la Calabria – Scopelliti Presidente), Antonio Scalzo (Pd) e Mario Franchino (Pd). 

Il “Piano casa 2” si era scontrato contro le note dei tecnici del Consiglio dei ministri che ha avviato il procedimento di impugnativa davanti alla Corte costituzionale. Per il governo di Mario Monti la legge varata dal consiglio regionale, dopo la sua analisi in sede di Commissione regionale, avrebbe consentito di risanare gli abusi edilizi. Tra le motivazioni che hanno portato allo stop del governo Monti c’è il fatto che la legge «consente la sanatoria degli abusi edilizi realizzati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico e introduce previsioni che risultano in contrasto con i regolamenti statali che disciplinano la distanza tra gli edifici, la distanza degli edifici dal nastro stradale ed ulteriori prescrizioni tecniche, tra cui alcune volte a prevenire i rischi sismici». 

«La norma regionale, pertanto – si legge nelle carte del ministero – viola l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. 2) l’articolo 2, comma 2, aggiunge all’articolo 2 della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, il comma 3 in base al quale gli interventi previsti dalla legge regionale possono essere realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, facendo salva, ma solo ai fini di eventuali delocalizzazioni, l’applicazione della normativa statale di principio che impone vincoli di vario genere. L’espressa previsione che la le suddette discipline statali vincolistiche trova applicazione solo in caso di localizzazione, implica la violazione della stessa normativa statale di principio in tutti gli altri casi di intervento edilizio (ad esempio in caso di interventi di ampliamento di cubatura) e, conseguentemente, comporta la violazione della competenza statale esclusiva o concorrente in diverse materie». 

 

 «L’articolo 2, comma 2, della legge n. 7 del 2012, in conclusione, nell’affermare che gli interventi ampliativi previsti dal “piano casa” possono essere realizzati in deroga agli strumenti territoriali, facendo salve alcune disposizioni “solo ai fini di eventuali delocalizzazioni”, eccede dalle competenze regionali per la parte in cui introduce surrettiziamente la possibilità di realizzare alcuni degli interventi edilizi straordinari previsti dalla legge senza osservare prescrizioni statali vincolanti per le Regioni».

 

Un’altra norma che era finita nel “tritacarne” del Consiglio dei ministri è quella che prevedeva il cosiddetto silenzio-assenso. «La norma regionale viola, pertanto, l’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva allo Stato la materia dell’ordinamento civile; 5) L’articolo 6, commi 3 e 6 ammettendo gli interventi in tutti i casi di condono conseguito anche mediante silenzio-assenso, apre la strada al condono edilizio con silenzio-assenso anche per gli abusi successivi al 1994 (e anteriori al marzo 2003) ricadenti nel terzo condono edilizio, introdotto dal decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 326 del 2003, per i quali la condonabilità è esclusa a priori ed è dunque inconfigurabile il silenzio-assenso»

 

«La normativa in esame – si legge infine – incidendo, limitandola, sulla tutela dei beni culturali e paesaggistici, si pone in contrasto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio, espressione della potestà legislativa esclusiva statale in materia della tutela dei beni culturali e del paesaggio». 

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