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In conferenza stampa Alfredo D’Attorre parla di un suo fallimento: «Non nascondo mia amarezza per non aver conseguito questo risultato di cui mi assumo tutte le responsabilità», ha detto a Lamezia dopo aver annunciato la sospensione di tutti i congressi del Pd, sia per quello regionale, sia per gli altri che si sarebbero dovuto svolgere su base provinciale. Il «risultato» al quale puntava il commissario inviato dal direttivo nazionale del partito era «quello di chiudere l’attività con la celebrazione del congresso – ha detto – e avevo lavorato affinchè si potesse lavorare ad un congresso unitario». 

Non c’è riuscito perché di candidati ce n’erano cinque – Mario Maiolo, Nicodemo Oliverio, Demetrio Battaglia, Doris Lo Moro e Mario Muzzì – e solo uno (Muzzì) si era disposto a fare un passo indietro. Sarebbe stato quindi un congresso animato. E D’Attorre questo non lo voleva: «Avrebbe richiesto una rimodulazione dei tempi, rispetto al tentativo unitario, con un rinvio a settembre ed ottobre, chiesto anche dagli stessi candidati, per lo svolgimento dei congressi in un momento in cui ci saranno altre scadenze nazionali per il partito». E quindi, secondo il commissario, tanto vale ripartire dai congressi nei circoli. Con un dibattito regionale che a questo punto, con le elezioni politiche che arriveranno nel 2013, potrebbe slittare di oltre un anno. 

Una prospettiva che ha fatto infuriare tutti gli esponenti di punta del partito. A partire proprio dai candidati. Da Nicodemo Oliverio («resto convinto che sarebbe stato più utile ed opportuno procedere allo svolgimento del congresso al fine di mettere il Pd calabrese nelle condizioni di dotarsi di organismi democraticamente eletti e di un gruppo dirigente capace di affrontare la complessa e delicata fase che vivono il Paese e la Calabria») a Mario Maiolo («ci riserviamo qualsiasi nostra ulteriore iniziativa sul piano politico regionale e nazionale»).

E poi Carlo Guccione che parla di «colonizzazione» e di decisione che «di fatto impedisce che il Pd possa essere in Calabria il motore della costruzione di una coalizione e di un programma di vera e decisa alternativa alla destra», Salvatore Scalzo che vede «una sfida persa» e Bruno Censore che sottolinea che «la volontà di D’Attorre appare fortemente in contrasto con il pensiero dominante». Fino a Fernanda Gigliotti, del gruppo Calabria 25 Aprile del Pd che annuncia: «Si impone il momento delle scelte coraggiose».

E se D’Attorre cercava di compattare il partito, in qualche modo può dire di esserci riuscito. Ora sono tutti uniti. Contro di lui.

 

 

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