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REGGIO CALABRIA – Il Consiglio regionale della Calabria dice no alla “spending review” targata Monti, e nello specifico rigetta l’idea di vedere soppresse le province di Crotone e di Vibo Valentia. Lo dice nel corso di una seduta partecipata (presenti i rappresentanti delle cinque province calabresi, insieme ad assessori e sindaci) e dai toni tutto sommato pacati, in cui l’assemblea regionale ha ritrovato unità e compattezza attorno ad un problema che adesso viene inteso come regionale e non localistico. Alla fine di un dibattito durato circa tre ore, la massima assemblea regionale ha votato all’unanimità un ordine del giorno che impegna la giunta regionale ad impugnare dinanzi la Corte Costituzionale, con giudizio in via principale, l’articolo 17 del provvedimento varato dal Consiglio dei ministri, nella parte in cui prevede l’accorpamento e/o la soppressione e/o la razionalizzazione delle province e delle loro funzioni. Ma non solo. L’ordine del giorno impegna la giunta a valutare, in vista dell’udienza pubblica fissata per il prossimo 6 novembre dinanzi la corte Costituzionale, l’opportunità di presentare un intervento di tipo adesivo-dipendente nei giudizi promossi dinanzi a quast’ultima dalle regioni Lombardia, Campania, Piemonte, Lazio, Veneto, Friuli, e Sardegna sull’articolo 23 del decreto “Salva Italia”. L’ordine del giorno impegna altresì il presidente del Consiglio regionale a convocare l’assemblea per l’elezione del Consiglio regionale delle Autonomie locali.

Alla fine sarà il Governatore Scopelliti ad annunciare che gli uffici legali della Regione stanno già lavorando per approntare il ricorso contro la soppressione delle province, il cui termine ultimo è il 4 settembre prossimo. «Sono tra coloro che – ha esordito il Presidente – ha da sempre condiviso l’idea dello scioglimento degli enti intermedi, che era contenuta nelle linee guida del programma di Berlusconi. Ma, allora, aveva un significato perchè coinvolgeva tutte le province. La nostra posizione oggi è diversa, e non abbiamo difficoltà a dirlo, perché nel decreto si parla solo di alcune province e non di altre».

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