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SE fino a qualche settimana fa si ipotizzavano possibili piani di salvataggio per le province cancellate dalla Spending Review, in particolare per la Calabria per Crotone e Vibo Valentia, oggi la scure dei tagli sembra definitivamente calata sul futuro istituzionale dei due enti intermedi e di tutti gli altri enti che, a livello nazionale, non soddisfano i requisiti minimi richiesti di 2500 chilometri quadrati di estensione e 350 mila abitanti. Una nota dello scorso 3 agosto del ministero per la Pubblica amministrazione e la semplificazione, infatti, blocca sul nascere ogni possibile ampliamento territoriale delle province. In tutta Italia, infatti, gli enti che non rientravano tra le “salvate” avevano fin da subito avviato una sorta di campagna acquisti nel tentativo di assorbire altri comuni di province limitrofe e riuscire in tal modo a rientrare tra i requisiti minimi.

Per quanto concerne la Calabria erano, da questo punto di vista, allo studio ipotesi di allargamento di Crotone verso la Sibaritide e di Vibo Valentia verso la piana di Gioia Tauro e l’area catanzarese che si affaccia sullo Ionio, due estensioni territoriali che numeri alle mani, sulla carta avrebbero permesso alla Calabria di mantenere tutte le sue cinque province e che, tra le altre cose, avrebbero anche consentito una migliore riorganizzazione del territorio ponendo rimedio, con un paio di decenni di ritardo, ad un errore strategico compiuto al momento della nascita di Vibo Valentia e Crotone. Errore che aveva dato vita a delle ripartizioni territoriali e amministrative in alcuni casi evidentemente sproporzionate. Ma il sogno si è infranto senza possibilità di recupero contro lo scoglio innalzato dalla nota citata del ministero della Pubblica amministrazione e la semplificazione. Il testo chiarisce, infatti, che «con riferimento alle province che non possiedono i requisiti minimi specificamente indicati nella deliberazione del Consiglio dei ministri dello scorso 20 luglio, i Cal e le Regioni possono senz’altro dare seguito ad eventuali iniziative comunali già formalizzate alla data del 24 luglio 2012 volte a modificare le circoscrizioni provinciali». Fin qui sembrerebbe, dunque, che una speranza possa esserci, anche se, ad essere onesti, non per Vibo e Crotone perché per entrambe, al di là delle parole e delle dichiarazioni di principio, nulla finora si era fatto di concreto, ma, purtroppo, il chiarimento del ministero diretto da Filippo Patroni Griffi non si ferma qui. «Resta fermo – spiega il testo concludendo e di fatto stroncando ogni speranza – che tali iniziative non hanno l’effetto di far ottenere né perdere alle suddette province i requisiti minimi di dimensione territoriale e demografica prescritti dalla deliberazione».

Come dire: “Fate tutti gli esperimenti e le campagne acquisti che vi pare tanto per l’accorpamento valgono solo ed esclusivamente i confini territoriali esistenti alla data della Spendig review”.

A questo punto, appare chiaro che l’unico possibile percorso di salvataggio risiede nella Corte Costituzionale e nel ricorso che diverse Regioni hanno già presentato per annullare la procedura di accorpamento anche se la speranza appare estremamente flebile.

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