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REGGIO CALABRIA – Il Consiglio regionale ha concluso il dibattito sul riordino delle Province ma non ha approvato alcun documento decidendo, dopo una convocazione dei capigruppo al banco della Presidenza di rinviarne l’esame alla seduta del 24 ottobre, già convocata, e di demandare alla conferenza dei capigruppo, che si riunirà prima dell’inizio dei lavori, la definizione di un testo da trasmettere al Governo. Sulla vicenda il Presidente del Consiglio Francesco Talarico ha preventivamente informato l’Aula sulla data, il 24 ottobre, entro la quale le Regioni dovranno far pervenire i loro pareri. «Oltre all’ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale alla presenza dei rappresentanti territoriali – ha ricordato Talarico – il Consiglio regionale delle Autonomie locali ha provveduto ad esprimere il proprio parere, di mantenimento dell’attuale articolazione territoriale, mentre la Giunta ha proposto ricorso alla Corte Costituzionale». E’ intervenuta la vice presidente della Giunta Antonella Stasi, secondo la quale «sarebbe opportuno che la Regione chiedesse una deroga che permettesse di mantenere l’assetto calabrese con le cinque province esistenti, considerando anche che al momento non esiste un decreto legge che determina l’iter procedurale del riassetto e che la Corte Costituzionale si pronuncerà il prossimo sei novembre». 

 

IL DIBATTITO. 

Salvatore Pacenza, del Pdl, ha affermato «che il Governo non potrà tenere in seria considerazione il parere del Cal, dove è stato chiaramente messo in evidenza che la Calabria può continuare a mantenere le 5 province». Nel riconoscere il lavoro del Cal, Emilio De Masi, capogruppo Idv, ha sostenuto che «la conservazione delle 5 province ha anche bisogno di una convinta adesione del Consiglio regionale», definendo “inammissibile che tale conquista sia oggi sottratta alle comunità di riferimento che solo da poco tempo hanno iniziato a trarre il giusto beneficio di una legittima autonomia». Bruno Censore (Pd) ha invece rilevato la «grande confusione esistente in Italia, a causa di una grave crisi economica, per fronteggiare la quale si stanno consumando scelte frettolose,avventate e poco ponderate». Nazzareno Salerno (Pdl) ha parlato di «un precedente errore di frazionamento del territorio» invitando tutti ad una prova di realismo di fronte alle richieste del Governo «verso il quale avremmo dovuto essere più propositivi, con una nuova idea di assetto del territorio regionale». Sandro Principe, capogruppo Pd, nel rimproverare tutti sul fatto che non si sono affrontate per tempo le riforme dell’architettura istituzionale del Paese, ha definito «inevitabile la possibilità di fare errori. La spending review cerca di sopperire a ritardi di decenni, facendo degli errori riguardo al riordino delle Province in quanto non guarda alla situazione nel suo insieme. E la stessa fretta ha avuto il Cal che ha delegato al Governo ogni decisione». Per Francesco Sulla (Pd) «è inconcepibile una riorganizzazione degli assetti istituzionali dello Stato dettati esclusivamente da riduzione dei costi. Il riaccorpamento dei territori non farà altro che accentuare le già presenti contraddizioni, mentre il riassetto delle funzioni causerà un ridimensionamento delle competenze ed una conseguente caduta dei principi democratici». Domenico Tallini, ha definito la proposta della Giunta una proposta «aperta perchè consentirà a questo Consiglio di autodeterminarsi». Ritenendo, «altamente improbabile l’accoglimento del ricorso», ha invitato il Consiglio ad «utilizzare gli strumenti che gli sono consentiti decidendo di creare una Provincia, quella di Catanzaro, più forte, nel rispetto delle garanzie costituzionali. Scriveremmo una pagina importante di questo Consiglio – ha concluso – che va al di là delle logiche di campanile, con una proposta seria e percorribile». Nel dichiararsi favorevole al ricorso Vincenzo Antonio Ciconte di Progetto Democratico ha definito «assurda», in caso di bocciatura del ricorso la creazione di una provincia CatanzaroCrotoneVibo Valentia. «Sarebbe opportuno a quel punto creare un’unica provincia di Catanzaro per difendere territori e restituire al capoluogo di regione il ruolo riconosciuto oggi solo a parole». Alfonso Dattolo (Udc) ha criticato il comportamento del Governo Monti «che non può pensare di cambiare la Costituzione con un Decreto legge. Non è nè semplice, nè spiegabile alla luce di una riforma così frettolosa, la cancellazione di due realtà provinciali. Il Cal non era nelle condizioni di fare proposte per i limiti di tempo estremamente ristretti». Nel manifestare preoccupazioni sull’andamento del dibattito Agazio Loiero (Autonomia e Diritti) ha affermato che «su questo tipo di decisioni la Calabria non ha mai avuto voce in capitolo» per l’ex governatore negli anni 90 fu Roma a perpetrare uno strappo al territorio. «Oggi non ritengo utile la strada del ricorso – ha aggiunto – anche perchè le decisioni non vengono prese solo in chiave giuridica. E’ utile un atteggiamento unitario per rendere giustizia a una malefatta del passato». Da Ottavio Bruni che ha definito giusto il ricorso alla Consulta, è venuto l’invito a «lasciare da parte ogni campanilismo su un problema che coinvolge tutta la Calabria», ma ha espresso perplessità «sulla volontà del Governo di sopprimere solo alcune Province sulla base di un criterio inventato per penalizzare alcune di esse». Nel rilevare la volontà di una consistente maggioranza di mantenere le 5 province, il vice presidente del Consiglio regionale Pietro Amato ha definito «un errore parlare oggi delle Province soltanto in termini di costi sottacendo i molteplici servizi svolti che comportano inevitabili spese soprattutto in termini di spesa per il personale, mentre un processo di riforma del genere meriterebbe una applicazione graduale». Amato ha parlato di «un errore» per la creazione delle nuove province di Vibo Valentia e Crotone, ha definito «un ulteriore sbaglio l’eliminazione sic et simpliciter delle stesse oggi». Francesco Pugliano ha sottolineato l’incostituzionalità del Decreto legge, ma ha chiesto che «la questione non si risolva in una partita tra poveri, tra maggioranza e minoranza, tra la provincia di Catanzaro e quelle di Vibo e Crotone, a fronte di una problematica che non deve essere sviluppata su base regionale, ma, piuttosto, nazionale». Pugliano ha definito «anomalo e paradossale che il decreto realizzi la riforma partendo dal basso, dai comuni e dalle province evidenziando che la soppressione delle province comporta esigue economie di spesa determinando, al contrario, notevoli disagi per i cittadini». Critiche severe al dibattito sono venute dal consigliere Pd Mario Maiolo. «Un dibattito – ha detto – lontano dalla filosofia che deve ispirare l’organizzazione amministrativa di una Regione nel rispetto del principio di sussidiarietà tra i diversi livelli istituzionali. Non ci sono le condizioni politiche – ha continuato – di fare una proposta di difesa delle 5 province, perchè si preferisce essere succubi della decisione del Governo, mentre sarebbe necessario dar vita a battaglie più propositive». Di «dibattito contraddittorio» ha parlato Mario Magno (Pdl) per il quale «la Calabria sarà costretta a subire l’abolizione di 2 province, ma se alcune Regioni e  Province non hanno la capacità di riformarsi da sè è giusto – ha ancora detto – che lascino spazio all’intervento dello Stato». Giuseppe Giordano (Idv) ha annunciato voto contrario al documento proposto, ha rilevato che «il Governo sta entrando a gamba tesa nelle prerogative delle Regioni, e qui si pensa di mantenere le province». Il Consiglio dovrebbe invece occuparsi seriamente del riordino dei territori, senza mortificare le zone che hanno bisogno di attenzione, per assicurare una governance utile a tutti». Ha chiuso il dibattito il consigliere Fausto Orsomarso (LSP) che nel considerarsi in linea con molti degli interventi precedenti ha sostenuto che il tema vero della discussione «è il commissariamento della politica da parte del Governo tecnico. I territori delle province – ha proseguito – vanno mantenuti, e noi siamo chiamati a contribuire per dare un senso a questa istituzione. Ma c’è la necessità di guardare al futuro».

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