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Crotone non si rassegna alla perdita della ‘suà provincia. A cominciare dai rappresentanti istituzionali che intendono opporsi con tutti i mezzi a loro disposizione al decreto di riordino degli enti intermedi varato ieri dal Consiglio dei ministri, passando per gli esponenti politici di tutti gli schieramenti accomunati in un fronte bypartisan. Già per la giornata di domani il presidente del Consiglio provinciale Benedetto Proto ha convocato una riunione di tutti i gruppi di maggioranza e opposizione per decidere le iniziative da intraprendere a difesa dell’ente. Dal canto suo il presidente della Provincia di Crotone Stano Zurlo, già nel corso di una conferenza stampa convocata ieri sera in fretta e furia appena la notizia del riordino era rimbalzata da Roma, ha mobilitato tutti i sindaci del crotonese invitandoli ad un incontro in programma per domani. La senatrice Dorina Bianchi (Pdl) ha annunciato che darà battaglia in Senato «per modificare un provvedimento scellerato, iniquo e irresponsabile, il tutto mortificando i crotonesi e isolando ulteriormente il territorio». Non si rassegna neppure la vice presidente della Giunta regionale, Antonella Stasi che ricorda le iniziative già intraprese della Regione Calabria come il ricorso presentato alla Corte costituzionale, la cui decisione è attesa per il prossimo 6 novembre, e la richiesta di deroga «frutto di un accordo bipartisan raggiunto e votato in Consiglio regionale il 24 ottobre scorso con l’unico scopo di mantenere l’assetto delle Province calabresi immutato». Adesso per la Stasi «bisogna prestare attenzione alle altre Province italiane che hanno ottenuto deroghe e stabilire le strategie da mettere in campo affinchè anche la nostra venga presa in considerazione». Anche il circolo Sel di Crotone sostiene l’incostituzionalità del provvedimento del Governo: «A nostro avviso il decreto emanato dal governo è doppiamente incostituzionale perchè va in violazione dell’articolo 133 della Legge fondamentale dello Stato: ossia non i nuovi territori non sono stati ridefiniti dalla Regione; le popolazioni interessate non sono state consultate».

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