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REGGIO CALABRIA – Luigi Tuccio ci ricasca. L’ex assessore della giunta Arena, costretto lo scorso aprile, alle dimissioni “di opportunità” a causa dell’arresto della suocera, (Giuseppa Cotroneo, fermata il 13 marzo scorso con l’accusa di avere favorito la latitanza del boss della ‘ndrangheta Domenico Condello, in fulminea concomitanza con la presenza della Commissione d’accesso agli atti che indagava la presenza della ‘ndrangheta a Palazzo San Giorgio, ndr), non riesce a stare lontano dai social network, nè tanto meno ad evitare pubbliche imbarazzanti esternazioni. Tuccio è, infatti, ritornato sulla scena del delitto, quel Facebook che tanti guai e così seri imbarazzi gli aveva recato, nel dicembre 2011, facendo eco internazionale, alle invettive razziste che l’ex assessore all’urbanistica rivolgeva al premio Oscar Roberto Benigni, apostrofandolo in maniera dispregiativa “Ebreo”. Una tale vergogna che costrinse l’allora sindaco Demetrio Arena a pubbliche scuse a nome della giunta e lo stesso Tuccio ad un generico comunicato di balbettanti giustificazioni. Il ludibrio di larga parte dell’opinione pubblica, però, non lo smosse mai da quella poltrona cucitagli addosso dal Governatore Peppe Scopelltii (che lo volle in giunta da esterno e quindi senza l’imprimatur del voto popolare). Una poltrona, però, che gli esplose, eufemisticamente, sotto i piedi, con la folkloristica vicenda della suocera che aiutava il boss e che con il latitante si messaggiava a suon di “pizzini”. Ma questa è tutta storia recente: il comune venne sciolto per contiguità con la ’ndrangheta e l’addio alla giunta non impedì l’inserimento del nome di Tuccio, proprio per via della vicenda della suocera, nella relazione che ha motivato lo scioglimento. Non solo Tuccio dovrà, insieme all’ex sindaco Arena ed a membri del consiglio e della giunta, oltrepassare le forche caudine della questione giudiziaria dell’incandidabilità per responsabilità nello scioglimento dell’ente. Ma tutto ciò è faccenda terribilmente seria. Non come l’ennesima disavventura in cui è incorso l’ex assessore. 

Dicevamo la passione per i social. La vicenda Benigni, così imbarazzante, lo aveva portato a cancellare il suo profilo, su Fb, nessuno poteva rintracciava “Tuccio Luigi”. Ma si sa la tentazione di esternare i propri pensieri su una piazza virtuale è proprio difficile da trattenere. Ed allora Tuccio riparte sul social col profilo “Luigi Tuccio”, citroen bianca d’epoca e inconfondibile volto sorridente. L’occasione è ghiotta domenica. Ecco venire fuori le prime candidature ufficiali per Senato e Camera del suo Pdl. Sono le ore 23 e 19 quando sfoga tutta la sua rabbia: «Mi sento svuotato, amareggiato, ferito e tradito» scrive agli amici di Fb. L’obiettivo è, espressamente tirato in ballo: «Rosanna Scopelliti, (candidata n°2 alla Camera dei deputati, figlia del giudice Scopelliti assassinato dalla mafia e fortemente voluta dal Governatore Scopelliti come segnale di legalità ed etica nelle liste, ndr)? No all’antimafia declamatoria che genera carriere! Qui c’è gente radicata sul territorio – si lamenta Tuccio – che ha lottato seriamente contro la mafia! Ha messo la faccia, ha consumato le suole ed ha preso palate di fango!! !. Ora Basta!». Lo “sfogo” del Tuccio ferito (e qui i sospetti si sprecano: voleva forse anche lui una candidatura “risarcitoria” come Arena? Ma risarcitoria di cosa?) non si conclude qui. A chi gli suggerisce che la Scopelliti si è fatta da sola, Tuccio ribatte piccato: «Ma scusa in cosa si sarebbe distinta la Scopelliti per ottenere la candidatura? Ti sentiresti rappresentato? Votala pure, io no. Che storia ha? – dice un Tuccio forse distratto -…..». 
Tra gli amici, e gli interventi di Fb, “sbuca” Vanna Argentino Mazzitelli ex assessore ai beni culturali con Scopelliti sindaco che rincara la dose: «Sarebbe stato più giusto allora candidare la Musella una che si è data da fare davvero…. Pure lei appartiene alla classe del caro estinto». Tuccio replica piccato: «Prima, però occorrerebbero sentenze che dichiarassero davvero che si tratta di vittime di mafia….. A meno che non mi sfugga qualche passaggio. Solo poi potremo discutere sulla opportunità della loro candidatura. Anche se mi suona strano – rincara ancora una volta la dose Tuccio – che, chi si è contraddistinto per la lotta alla mafia, vada valutato post-mortem, regalando ad un congiunto (più o meno prossimo) una poltrona in Parlamento». La discussione si chiude con una pioggia di “mi piace” del popolo pidiellino, ed, al momento, non è dato sapere cosa ne pensi, Luigi Tuccio, invece della candidatura di Mimmo Scilipoti. Certo, a questo punto, qualche riflessione nasce spontanea. Innanzitutto ma…Tuccio non era un fedelissimo del Governatore e delle sue decisioni? Proprio lui, figlio anch’egli di un magistrato, e proprio per via dei rapporti, inizialmente, solo paterni, introdotto in politica, valuta così severamente l’ingresso di una giovane, figlia di un giudice assassinato dalla ‘ndrangheta, che corre sotto l’egida dell’antimafia? Ma soprattutto queste dichiarazioni non sono quelle di un semplice cittadino. Certo Luigi Tuccio non è più assessore, ma, uscito dalla porta (leggi giunta comunale), era subito rientrato dalla finestra (vedi nomina Responsabile del Dipartimento “Formazione Politica, Legalità e Giustizia” del Pdl, questa sì immediatamente risarcitoria da parte del partito per essersi finalmente deciso a mollare). Insomma, Tuccio, che sarebbe il massimo rappresentante della legalità in casa del Pdl reggino, dedica frasi, a dir poco, ostili, all’ingresso del volto che per Scopelliti (Peppe, stavolta) è l’incarnazione della legalità e della lotta alla ‘ndrangheta. Non solo, Tuccio si supera, quando, con una frase ((“occorrerebbero sentenze che dichiarassero davvero che si tratta di vittime di mafia….”), pare “sputare” (ci si perdoni il francesismo) contro quello che per il Governatore, e non solo, è un chiaro simbolo antimafia. Insomma, qualcuno doti il Pdl di una bussola….
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