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ANCORA nessuna notizia ufficiale, dopo il silenzio richiesto dalla Farnesina, e continua l’ansia per i quattro giornalisti italiani rapiti nel nord della Siria tra la regione di Idlib e quella turca di Hatay. Tra loro un calabrese, si tratta di Amedeo Ricucci, nato a Cetraro, in provincia di Cosenza 55 anni fa, in Rai dal 1993 e inviato speciale del programma “La storia siamo noi”. Era a capo di una troupe della quale facevano parte anche il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la reporter freelance Susan Dabbous, impegnati in Siria da giorni a un reportage sperimentale dal titolo “Silenzio, si muore”. Il cronista vive a Roma da anni, ma a Cetraro abitano ancora la madre e la sorella, Rossella, che è sposata con il presidente del Consiglio comunale Luigi Mari. Un’altra sorella e un fratello di Ricucci vivono fuori dalla Calabria.   Per il momento i familiari del giornalista non hanno inteso fare dichiarazioni.

«FERMATI E NON SEQUESTRATI» – Secondo una fonte vicina ai ribelli siriani, citata dall’Ansa, i quattro giornalisti sono stati «fermati e non sequestrati». La stessa fonte assicura che «stanno bene e saranno presto liberati e accompagnati in Turchia»: «Sono in buone condizioni di salute e i combattenti che li hanno fermati li trattano benissimo e già domani potrebbero rientrare in Italia», afferma la fonte, contattata al telefono, sottolineando che i quattro «verranno riaccompagnati dagli stessi ribelli che li hanno fermati in Turchia». La fonte precisa che i ribelli stanno «effettuando solo degli accertamenti per verificare che si tratti di giornalisti e non di spie come pensato in un primo momento». Il gruppo di ribelli che li ha fermati «appartiene alla galassia dell’opposizione e non all’Esercito Siriano Libero (Esl)», conclude la fonte. 

LE TRATTATIVE DELLA FARNESINA – La notizia del sequestro è stata confermata dal ministero degli Esteri che, sottolineando la necessità del «massimo riserbo», ha fatto sapere di seguire la vicenda fin dai primi momenti e di essere in contatto con i familiari. La «priorità è l’incolumita» dei reporter, sottolinea il Ministero degli Esteri. In nottata Aya Homsi, una attivista e blogger siriana che vive e studia a Bologna, animatrice di un gruppo su Facebook «Vogliamo la Siria libera», ha scritto che i quattro sono trattenuti in attesa che dai documenti in loro possesso si accerti effettivamente che si tratta di giornalisti e quindi a quel punto verrebbero rilasciati o liberati. Ma la tensione resta alta perché non è chiaro al momento nemmeno in mano a chi si trovino.

IL VIAGGIO E LA SCOMPARSA – Da Antiochia, i giornalisti italiani sono entrati nella Siria controllata dai ribelli lo scorso 2 aprile nell’area di Guvecci facendo tappa, tra l’altro, all’ospedale da campo di Yamadiye, di fronte alla località turca di Yayladagi. Il programma era di rientrare ogni sera in territorio turco e, quindi, di mantenersi sempre vicini alla striscia frontaliera tra i due Paesi. 

Stavano lavorando ad un primo esperimento Rai di giornalismo partecipativo. Ricucci aveva annunciato sul suo blog, alla vigilia della partenza, che con i suoi collaboratori sarebbe stato in Siria dal primo al 15 aprile, realizzando collegamenti ogni giorno via Skype con un gruppi di studenti di San Lazzaro di Savena. I ragazzi della scuola della provincia di Bologna avrebbero dovuto interagire attivamente con i giornalisti sul campo e fornire loro – grazie anche a indicazioni della redazione de “La Storia siamo noi” – spunti e suggerimenti circa notizie da seguire e storie da raccontare. Ricucci e Colavolpe erano già stati assieme nei mesi scorsi per un altro reportage ad Aleppo, sempre prodotto dal canale di approfondimento Rai.    

Il programma era di rientrare ogni sera in territorio turco e, quindi, di mantenersi sempre vicini alla striscia frontaliera tra i due Paesi.    Le loro tracce – secondo le prime ricostruzioni – si sono perse il 4 aprile, quando nel pomeriggio era previsto il collegamento con i ragazzi di San Lazzaro. I cellulari GSM e satellitare di Ricucci e degli altri componenti della troupe da quel momento sono stati irraggiungibili.   

Venerdì mattina fonti giornalistiche siriane e straniere presenti nella regione turca di Hatay e in contatto con gli accompagnatori di Ricucci hanno riferito che i giornalisti si trovavano nel villaggio di Yaqubiya, e nord di Idlib, in stato di fermo, probabilmente da parte di miliziani fondamentalisti. Secondo la ricostruzione offerta da queste fonti, i reporter italiani erano stati arrestati perch‚ avevano filmato e fotografato postazioni militari sensibili.   Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente della Fsni, Franco Siddi, sottolineando di seguirla con «molta trepidazione» mentre la Rai in nottata si è unita all’appello della Farnesina di «massimo riserbo». 

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