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REGGIO CALABRIA – Il numero è aumentato, ed ora ci sono anche i nomi. Sei di centrosinistra e sette di centrodestra, tutti capogruppo di partito, o ex tali, che hanno amministrato i bilanci di Palazzo Campanella negli anni che vanno dal 2010 al 2012. I tredici hanno ovviamente posizioni diverse tra di loro. E si va dall’iscrizione sul registro degli indagati per un puro “atto dovuto”. A posizioni ben più gravi e responsabilità ben più evidenti. Nel giro di poche ore riceveranno un avviso a comparire davanti ai magistrati della Procura di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi illegittimi del Consiglio regionale.

ECCO I NOMI. I consiglieri regionali coinvolti sono: Luigi Fedele (attuale assessore regionale del Pdl); Alfonso Dattolo (attuale assessore regionale dell’Udc); Pino Gentile (attuale assessore regionale del Pdl); Alberto Sarra (attuale sottosegretario del Pdl); quindi i consiglieri regionali Agazio Loiero (Autonomia e diritti), Giulio Serra (Insieme per la Calabria), Giuseppe Bova (Misto), Sandro Principe (Pd), Giampaolo Chiappetta (Pdl), Giovanni Bilardi (Eletto senatore in quota Scopelliti presidente), Nino De Gaetano (Pd), Vincenzo Ciconte (Pd), Emilio De Masi (Idv).
L’INCHIESTA. La maxi indagine si divide in buona sostanza in quattro gradi di contestazione. Sul primo c’è poco da argomentare. Gli specialisti della Guardia di finanza hanno infatti trovato una serie di spese fatte dai consiglieri e rimborsate dai gruppi come costi propri del ruolo “istituzionale” che non possono essere in alcun modo spiegate. In questo caso andiamo dalle multe contestate dalla polizia stradale al “Gratta e Vinci”. Dalle scope elettriche al materiale sanitario acquistato in ferramenta. Dai viaggi con autobus affittato a spese dei contribuenti a tergicristalli per le auto. In tutti questi casi, ed in molti altri registrati nelle informative dei finanzieri, secondo i magistrati non c’è appiglio che tenga. Il secondo filone di contestazioni è invece quello relativo a tutta una serie di rimborsi che non hanno trovato spiegazioni immediate, ma che allo stesso tempo ne potrebbero avere. Si tratta ad esempio degli affitti, fino alle rate di automobili, ai versamenti all’Etr, ad alcuni viaggi, a molte spese per gadget, vini e cene. Tanti soldi che però potrebbero essere spiegati nel corso degli interrogatori qualora i Capigruppo fossero in grado di dimostrare che si tratta di costi sostenuti nell’ambito di attività istituzionali nella qualità di consiglieri regionali. In questo caso il filo tra il lecito e l’illecito sarebbe sottilissimo. Se la legge da una parte vieta in maniera categorica il finanziamento di attività politiche riconducibili ai partiti, dall’altra ha maglie sufficientemente larghe da farci passare dentro di tutto. Solo per fare un esempio: come si fa a distinguere una cena elettorale (e dunque non rimborsabile) da un incontro tra esponenti di partito che si vedono per pianificare o incardinare un’attività consiliare legittima (in questo caso rimborsabile)? 
La terza questione riguarda poi i soldi che mancano all’appello dai bilanci dei gruppi consiliari. Si tratterebbe di una somma che andrebbe dalle 600 mila euro al milione, spalmata su molti gruppi e nei tre anni oggetto dell’inchiesta. Una cifra importante, che è segnata in entrata nei bilanci dei gruppi e poi in uscita, ma che non è giustificata in alcun modo. Insomma niente pezze d’appoggio, nè fatture o scontrini, niente di niente. 
Un pozzo nero. Un buco nel quale non è chiaro chi abbia potuto pescare a man bassa. Complessivamente l’indagine riguarda spese per diversi milioni di euro. I finanzieri reggini nei mesi scorsi avevano infatti sequestrato tutti i bilanci relativi agli anni 2010, 2011 e 2012. Migliaia e migliaia di fatture, scontrini, report più o meno chiari. Che andavano dai 70 centesimi per il singolo caffé a cene a base di pesce e vini pregiati per decine di migliaia di euro. Dai panini in autogrill o la colazione offerta al bar ai costosi fine settimana per due in località turistiche dell’Umbria e della Toscana. Dall’affitto di berline all’estero alle spese in profumeria o dal fioraio. Faldoni interi di materiale a cavallo tra lecito e illecito, oltre che naturalmente tra ciò che è eticamente corretto o semplicemente vergognoso.

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