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di ADRIANO MOLLO
CATANZARO – Nonostante le “difese d’ufficio” del sub commissario per l’attuazione del piano di rientro, generale Luciano Pezzi, siamo convinti, dato alla mano,  che i cittadini della provincia di Cosenza continuano ad essere penalizzati dalla giunta regionale nell’assegnazione dei fondi per la sanità. Quindi, nonostante il piano di rientro, continuano quelle distorsioni che hanno disegnato una sanità calabrese sgangherata con i cittadini del cosentino tartassati e penalizzati. Mentre tutte le Asp dichiarano bilancio in pareggio, all’Asp di Cosenza, nonostante la “cura da cavallo” con un deficit passato  negli ultimi tre anni da 117 milioni a 50, i conti non tornano. Eppure è stato preso come riferimento per la gestione della spesa farmaceutica vicino ai livelli nazionali. Come ha evidenziato il Tavolo Massicci in molte zone del Cosentino non sono garantiti i Lea a causa dei taglia ai servizi. 
Al Quotidiano il generale Pezzi ha spiegato che il criterio utilizzato nel riparto è quello storico, cioè nonostante i due governi nazionali precedenti abbiano deciso che per il futuro il criterio quello dei costi standard, si continua a guardare al passato. 
Adesso, dati alla mano, dimostriamo cosa accade con il riparto del fondo sanitario regionale. Diciamo che Catanzaro e Reggio hanno molte più risorse rispetto a Cosenza e questo potrebbe essere il motivo per cui l’Asp e l’ospedale di Cosenza hanno i bilanci in rosso e gli altri, invece, in pareggio. Anzi addirittura l’azienda ospedaliera Pugliese di Catanzaro ha chiuso il 2011 con quasi 10 milioni di euro di avanzo, salvo poi fare l’accordo (costo 2 milioni) con il Bambin Gesù e presentare per il 2012 un bilancio in pareggio per evitare il taglio del surplus. 
La ripartizione dei fondo sanitario continua a seguire un criterio molto discutibile, chi ha sperperato di più negli anni scorsi può continuare a farlo rispetto agli altri perché avrà più soldi a disposizione. 
Basta guardare (nel grafico a fianco) come è stata fatta la ripartizione del fondo sanitario per il 2012 alle Asp e ai tre ospedali hub. Il fondo sanitario regionale assegnato, al netto quella quota per l’emigrazione sanitaria, è poco più di 3,1 miliardi di euro, la media procapite per ogni cittadino calabrese è di 1.598 euro. Però ai cittadini di Cosenza (quota Asp+Ao) vanno 1.541 euro a fronte di 1.550 dei reggini, 1.916 dei catanzaresi, 1.573 dei crotonesi e solo 1.335 per i vibonesi. Dati che evidenziano una forte sperequazione. Se invece si applicasse il costo standard prendendo come riferimento, ad esempio, la media della quota procapite regionale le cose cambierebbero di molto perché alla provincia di Cosenza toccherebbero circa 40 milioni in più,  a quella di Catanzaro 114 in meno e a Reggio Calabria 26 milioni in meno. L’obiezione che si potrebbe fare è  che nel budget provinciale di Catanzaro è inclusa l’azienda universitaria Mater Domini. Ma il costo è di 53 milioni, ben lontano dai 114 che quella provincia ha in più rispetto alle altre . 
Il decreto 18, quello che riorganizza la rete ospedaliera nel piano di rientro, considera la regione suddivisa in tre aree ripristinando di fatto le vecchie tre aree province (Area Centro). Se proviamo a fare un simulazione ed aggregare i dati di Catanzaro con Crotone e Vibo ecco cosa emerge:  l’area Centro continua ad avere una spesa pro capite di 1.695 euro molti più alta rispetto all’area Nord (cosentino) e all’area Sud (reggino). Tolto il budget del Mater Domini, resterebbero all’are Centro circa 15 milioni di più.  
E ora torniamo alla vicenda dell’assegnazione die budget dei lavoratori privati. Nonostante il Tavolo Massicci chiede dal 2007 il riordino della rete  pubblica e privata, alla Regione si fa finta di nulla e accade che ai laboratori privati della provincia di Cosenza sono stati assegnati poco più di 21 milioni e a quelli di Reggio 36 milioni. La giustificazione del generale Pezzi data al Quotidiano è apparsa stucchevole: a Reggio non funziona il pubblico e quindi si privilegia il privato, a Cosenza si fa il contrario. Quindi anziché rimuovere gli ostacoli al buon funzionamento del pubblico nel reggino, si preferisce acquistare prestazioni dal privato, tanto a pagare sono i cittadini.

Nonostante il piano di rientro, continuano quelle distorsioni che hanno disegnato una sanità calabrese sgangherata con i cittadini del cosentino tartassati e penalizzati. Dati alla mano, dimostriamo cosa accade con il riparto del fondo sanitario regionale. Diciamo che Catanzaro e Reggio hanno molte più risorse rispetto a Cosenza e questo potrebbe essere il motivo per cui l’Asp e l’ospedale di Cosenza hanno i bilanci in rosso e gli altri, invece, in pareggio. Anzi addirittura l’azienda ospedaliera Pugliese di Catanzaro ha chiuso il 2011 con quasi 10 milioni di euro di avanzo, salvo poi fare l’accordo (costo 2 milioni) con il Bambin Gesù e presentare per il 2012 un bilancio in pareggio per evitare il taglio del surplus. 

La ripartizione dei fondo sanitario continua a seguire un criterio molto discutibile, chi ha sperperato di più negli anni scorsi può continuare a farlo rispetto agli altri perché avrà più soldi a disposizione. Basta guardare come è stata fatta la ripartizione del fondo sanitario per il 2012 alle Asp e ai tre ospedali hub. Il fondo sanitario regionale assegnato, al netto quella quota per l’emigrazione sanitaria, è poco più di 3,1 miliardi di euro, la media procapite per ogni cittadino calabrese è di 1.598 euro. Però ai cittadini di Cosenza (quota Asp+Ao) vanno 1.541 euro a fronte di 1.550 dei reggini, 1.916 dei catanzaresi, 1.573 dei crotonesi e solo 1.335 per i vibonesi. Dati che evidenziano una forte sperequazione. E i conti non tornano nemmeno se si esclude dal conteggio la quota che a Catanzaro viene destinata per il Mater Domini.

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