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CATANZARO – Quella che sembrava una pace apparente, con un fuoco acceso sotto cenere, si è palesato in un documento. In calce le firme dei consiglieri regionali che compongono il gruppo di palazzo Campanella. Sono loro a squarciare il silenzio interno al Partito democratico, chiedendo al segretario nazionale Guglielmo Epifani di dare una svolta. Ed in particolare, «la cessazione del commissariamento e la formazione di un coordinamento plurale in grado di garantire una agibilità democratica oggi sostanzialmente negata, e soprattutto, di insediare le commissioni di garanzia locali, da costituire con la stessa impostazione nazionale». 
Basterebbero queste poche righe per fare comprendere il malumore che serpeggia nei democratici calabresi. Una lettera sottoscritta dal gruppo regionale del Pd calabrese e inviata al segretario nazionale del partito, in cui non si risparmiano critiche ai commissari che si sono succeduti in tre anni. Adriano Musi prima e Alfredo D’Attorre poi, fino all’ibrida guida reggente di Giovanni Puccio, affidata solo pochi giorni fa. 
Così i consiglieri regionali chiariscono ogni cosa:  «Sosteniamo con convinzione – prosegue il testo firmato in calce dai consiglieri regionali democrat – il tuo impegno per consentire la ripartenza del nostro partito attraverso la celebrazione del congresso nazionale e dei congressi territoriali. Siamo convinti che il dibattito congressuale sia la strada migliore per riflettere con impegno su una nuova forma partito, necessaria a concretizzare una nuova proposta identitaria e programmatica, utile a noi e al Paese. In questo dibattito noi, da meridionali e calabresi vogliamo dare un nostro contributo specifico ed originale e, a tal fine, abbiamo preso atto del tuo indirizzo di rinviare i congressi locali in Calabria. In modo da consentire una partecipazione ordinaria e omogenea della Calabria al dibattito anche nazionale, poichè è vivo il nostro desiderio di dare un contributo di idee, progetti, proposte affinchè la questione meridionale sia posta al centro della nostra piattaforma politica, sul presupposto, che a noi sembra da tutti condiviso, che se cresce il Sud cresce l’Italia». 
Quindi il malessere interno al partito: «Non possiamo però non rappresentarti l’estremo disagio – prosegue la lettera – che viviamo per appartenere a un partito regionale commissariato da circa tre anni. Il tempo estremamente lungo, inconciliabile con la natura di partito democratico, le diverse scadenze politiche e amministrative gestite non adeguatamente, con le conseguenti inevitabili sconfitte sia alle elezioni politiche che alle ultime amministrative, il non adeguato raccordo dei commissari, che si sono avvicendati in questo ruolo, con il territorio ha di fatto aggravato la situazione politica interna. Tutto ciò ha comportato la incapacità di organizzare un’adeguata azione politica a tutti i livelli. Riteniamo che il nostro impegno, per organizzare la fase di preparazione ai congressi, debba essere intenso e rivolto soprattutto ai mondi vitali della nostra società e che non possa essere ostacolato da una visione burocratica e chiusa che oggi il commissario regionale – concludono i consiglieri regionali – incarna con una gestione del partito che va immediatamente rimossa».
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