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REGGIO CALABRIA – Il Consiglio regionale ha dichiarato non ammissibile la richiesta di referendum proposta dal Movimento 5 Stelle per l’abolizione del vitalizio ai consiglieri a partire da questa legislatura. Una decisione che era nell’aria e che si è concretizzata nella seduta di oggi. La stessa, tra l’altro, nella quale il consigliere regionale Francescantonio Stillitani si dimette e lancia una dura accusa alla classe politica, proprio sul tema delle sovvenzioni economiche: «Mi trovo a disagio – ha spiegato Stillitani – in un mondo dove ormai spesso si opera e si fanno scelte dettate da interesse di parte e personale e si privilegia l’appartenenza e la clientela rispetto alle capacità, un ambiente in cui prevalentemente si vota e si appoggia un uomo politico non perché se ne condividono le idee e le attività, ma perché si spera di ottenere qualche vantaggio e questo a discapito della Calabria e dell’Italia in generale. Non ho mai visto la politica come fonte di reddito e di potere, non mi va più di essere confuso ed accumunato dall’opinione pubblica, a quei miei colleghi, anche nazionali, che vedono le Regioni e le Istituzioni come mucche da mungere illegalmente, come si rileva, purtroppo, dalla stampa e dalla cronaca giudiziaria». 

IL NO AL REFERENDUM DEI GRILLINI – Per l’ammissibilità della proposta grillina sui vitalizi hanno votato Salvatore Magarò (Scopelliti Presidente), Giuseppe Giordano e Domenico Talarico (Idv) e Damiano Guagliardi (Federazione della Sinistra). Troppo pochi e così è arrivata la bocciatura a maggioranza. 

Avviando la discussione sulla proposta di referendum abrogativo degli articoli 4, comma 1 e 6 della legge regionale 7 ottobre 2011, n. 38 (Modifica della legge regionale 14 febbraio 1996, n. 3) sull’abolizione dei vitalizi per i consiglieri a partire da questa legislatura, il presidente del Consiglio Francesco Talarico ha fatto un excursus sulle azioni condotte dall’Assemblea per il contenimento dei costi della politica, affermando che è competenza del Consiglio decidere o meno sull’ammissibilità del referendum abrogativo.
Nel dibattito che si è aperto il capogruppo Idv Emilio De Masi ha definito la richiesta “assolutamente demagogica, prima ancora di qualsiasi verifica di tipo tecnico-giuridico. Non siamo casta perchè non difendiamo nessun privilegio”. Salvatore Magarò si è detto invece favorevole all’accoglimento della proposta “per rispetto della democrazia. I cittadini sono padroni della democrazia e questo succede perchè probabilmente abbiamo chiuso i polmoni della partecipazione alla società civile, chiudendoci in noi stessi”. Domenico Talarico, di Idv, ha definito “un errore la mancata assunzione di una posizione chiara da parte dell’Ufficio di Presidenza, magari corredata dai necessari pareri”. Nel definirsi “poco convinto” sulla scelta del collega De Masi “a dire no”, Talarico ha affermato: “Non credo che un rifiuto al referendum sia la soluzione migliore rispetto alla sua accettazione. Dire di no ad una questione così delicata vuol dire accentuare ancora di più la critica alla casta. Per me la questione non è solo di natura giuridica, perchè questo avrebbe consentito all’Ufficio di Presidenza di dire no e chiudere direttamente la partita”.
“Non voglio offrire comode sponde all’antipolitica” ha commentato Damiano Guagliardi (Federazione della Sinistra), che ha definito la richiesta di referendum “un attacco a questo luogo”, ed ha invitato a “non avere paura ed a reagire all’attacco generalizzato attraverso una proposta assolutamente inutile”. Guagliardi ha annunciato, però, il suo voto favorevole alla richiesta di referendum “per non dare l’idea – ha detto – di una classe politica che si richiude in se stessa e non accetta la sfida del confronto democratico”.
“Di facile propaganda del Movimento 5 Stelle” ha parlato Alfonsino Grillo, che ha definito la proposta di referendum ”carente ed inammissibile, sulla base degli elementi che ad avvio di dibattito sono stati esposti dal presidente Talarico, e che ne vanificherebbero persino l’eventuale positivo risultato del referendum, poichè si tratta di norme transitorie”.
Nel precisare “che non è in discussione l’istituto democratico del referendum” il capogruppo Udc Ottavio Bruni ha criticato la difformità delle decisioni assunte dalla Conferenza dei capigruppo e gli interventi dei singoli consiglieri in Aula. Valutando di aver versato circa 60mila euro di contributi, Bruni ha anticipato che in caso di ammissione del referendum avrebbe chiesto il recupero delle somme pagate. Per Alfonso Scalzo il referendum è uno strumento di democrazia, “ma non possiamo piegarci alla demagogia. E’ nostro dovere, invece, impegnarci sul lavoro e le questioni più urgenti che riguardano i cittadini”. Anche da Gianpaolo Chiappetta, capogruppo Pdl, è venuta la precisazione che non è in discussione l’istituto referendario, “ma piuttosto di una proposta di ammissibilità di un referendum sul quale il Consiglio regionale è chiamato a dare il proprio responso”. Favorevole alla proposta si è detto Giuseppe Giordano (Udc).
Al termine del dibattito generale al Presidente Talarico non è rimasto altro che prendere atto della volontà, “espressa a maggioranza” di non considerare ammissibile la richiesta di referendum. Per l’ammissibilità hanno votato Salvatore Magarò (Scopelliti Presidente), Giuseppe Giordano e Domenico Talarico (Idv) e Damiano Guagliardi (Federazione della Sinistra).
Avviando la discussione il presidente del Consiglio Francesco Talarico aveva fatto un excursus sulle azioni condotte dall’Assemblea per il contenimento dei costi della politica, affermando che è competenza del Consiglio decidere o meno sull’ammissibilità del referendum abrogativo. Nel dibattito che si è aperto il capogruppo Idv Emilio De Masi ha definito la richiesta «assolutamente demagogica, prima ancora di qualsiasi verifica di tipo tecnico-giuridico. Non siamo casta perchè non difendiamo nessun privilegio». Salvatore Magarò si è detto invece favorevole all’accoglimento della proposta «per rispetto della democrazia: i cittadini sono padroni della democrazia e questo succede perchè probabilmente abbiamo chiuso i polmoni della partecipazione alla società civile, chiudendoci in noi stessi». 
Domenico Talarico, di Idv, ha affermato che «dire di no ad una questione così delicata vuol dire accentuare ancora di più la critica alla casta». «Non voglio offrire comode sponde all’antipolitica» ha commentato  Guagliardi, che ha invitato a «non avere paura ed a reagire all’attacco generalizzato attraverso una proposta assolutamente inutile». Di «facile propaganda del Movimento 5 Stelle» ha parlato Alfonsino Grillo, che ha definito la proposta di referendum «carente ed inammissibile» sottolineando che «persino l’eventuale positivo risultato del referendum sarebbe vano, poichè si tratta di norme transitorie».
Valutando di aver versato circa 60mila euro di contributi, il capogruppo Udc Bruni ha anticipato che in caso di ammissione del referendum avrebbe chiesto il recupero delle somme pagate. 
L’ADDIO POLEMICO DI STILLITANI – In questo contesto sono arrivate anche le dimissioni di Stillitani: «Ho deciso per coerenza ed onestà di dimettermi da consigliere regionale, rinunziando a tutti i vantaggi che la carica comporta» ha dichiarato l’ex Udc che ha ricoperto, ad inizio legislatura anche la carica di assessore e si è poi dimesso dopo uno scontro con i vertici di quello che era il suo partito. Al suo posto subentra Salvatore Bulzomì, ex vicensindaco di Vibo Valentia e primo dei non eletti nelle liste centriste della provincia vibonese, che però rischia di essere processato per la compravendita di esami universitari (LEGGI).
Nell’addio di Stillitani non mancano le frecciate dirette al mondo della politica: «Non ho mai richiesto un euro di rimborso per tutte le spese legittime che ho sostenuto nello svolgimento delle funzioni di sindaco per otto anni e di attività regionale per dodici di cui sette come assessore; decine e decine di viaggi a Roma, ristoranti, alberghi , taxi etc etc…li ho sempre pagati personalmente, senza chiedere alcun rimborso. Non ho mai usato il telefonino fornitomi dalla Regione e così via. In questo momento ricevo come indennità di consigliere regionale circa 8.000 euro netti al mese, e godo di tanti altri privilegi pur non svolgendo nessuna attività politica- amministrativa utile per il territorio. Ritengo questo ingiusto, tanto nei confronti dei calabresi su cui grava il mio costo, quanto nei confronti degli elettori che mi hanno votato, perché non tutelo e non rappresento più il mio territorio». Da qui il commiato: «Da questo momento – dice – da attore divento spettatore».
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