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CATANZARO – E’ l’esempio lampante della politica degli annunci. Quella per cui lunghi comunicati, spesso con un linguaccio tecnico e burocratico, dichiarano che è tutto risolto e il problema non esiste più. Solo carta straccia, però. Perché dopo mesi di rinvii e rassicurazioni, soluzioni annunciate e dipendenti infuriati, la Fondazione Campanella chiude i battenti. 

Il management della Fondazione di Catanzaro, infatti, cui fa capo il centro oncologico, ha reso noto di avere deliberato il blocco dei ricoveri di nuovi pazienti a far data dal prossimo 26 settembre 2013, il blocco delle prestazioni ambulatoriali a far data dal 30 settembre 2013, l’avvio delle procedure di trasferimento dei malati attualmente in carico alla Fondazione, l’avvio della procedura di licenziamento del personale della Fondazione Campanella. 
Una tegola sulla sanità calabrese. Ma soprattutto sui tanti pazienti malati di tumore che, nella struttura catanzarese, avevano trovato cure adeguate e professionalità, scongiurando tanti viaggi della speranza. La comunicazione ufficiale del programma di chiusura porta la firma del presidente della Fondazione, Paolo Falzea. Una lettera indirizzata, tra gli altri, al prefetto di Catanzaro, al presidente Scopelliti, al rettore dell’Università di Catanzaro. 
“Le cause di questa situazione – ha scritto Falzea – sono chiarissime e sono state evidenziate ripetutamente nel corso di questi anni e non possono certo dirsi risolte dalla prossima erogazione di due milioni di euro da parte dell’Asp di Catanzaro”. Una missiva breve, quella della Fondazione, con la quale si evidenziano sinteticamente i temi cruciali. A partire dal “mancato ripianamento dei debiti pregressi della Fondazione, contratti per mantenere inalterata la struttura, il livello delle prestazioni ed i livelli occupazionali pur in presenza di una drastica, repentina e progressiva riduzione dei fondi erogati”.
Le parole di Falzea sono un pugno allo stomaco, ma anche uno schiaffo alla politica. Anche e soprattutto quando evidenzia le incongruenze economiche: “La previsione per il 2013 di un budget di soli 10 milioni di euro a fronte di un costo del solo personale di 12 milioni di euro e di un costo complessivo della struttura di circa 34 milioni”. In poche parole: come si fa a tenere aperto se si incassano fondi solo per un terzo delle spese previste. Impossibile proseguire con le briciole. Tra le contestazioni mosse, anche il mancato trasferimento delle unità operative non oncologiche, ancora a carico della Fondazione, nonostante il provvedimento del 2012. 
E come se non bastasse sul tavolo della politica calabrese giace anche una richiesta, avanzata a maggio 2013, con la quale era stata sollecitata la conversione di cinque posti letto ordinari in day hospital, impedendo di fatto il regolare funzionamento della struttura. Quindi, “il mancato inserimento della Fondazione tra gli erogatori di prestazioni ambulatoriali”, che secondo la stessa Fondazione “ha impedito di fatto il regolare funzionamento della struttura”.
Il messaggi è chiaro. Mentre si promette e si dichiara, la Fondazione chiude. L’ultima “esultanza” (LEGGI L’ARTICOLO) era arrivata pochi giorni fa, quando la Regione Calabria aveva annunciato l’accreditamento della Fondazione per 35 posti letto. Un provvedimento a cui era seguito il plauso e la soddisfazione delle autonomie locali. Un tentativo, forse, di gettare acqua sul fuoco delle polemiche. Con i dipendenti sul piede di guerra. Saliti più volte sul tetto della struttura per gridare la loro rabbia. Un logoramento continuo che, alla fine, ha portato al blocco dei ricoveri già dalla giornata di giovedì 26, fino alla chiusura totale della struttura oncologica per eccellenza. Con buona pace di tutti. 
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