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ROMA – Dalla neoeletta presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, peraltro eletta in Parlamento proprio nelle liste del Pd calabrese, giungono parole di attenzione per la criminalità organizzata calabrese. Con decisione, infatti, la parlamentare ha chiarito che nel corso dei prossimi mesi la Commissione dovrà «dedicare particolare attenzione alla Calabria». E questo non tanto e non solo perché, come attestano le innumerevoli inchieste in corso e concluse praticamente in tutta Italia, la ‘ndrangheta «al momento è più forte», ma anche perché la Bindi ammette che la reazione da parte dello Stato «è stata più debole che nelle altre regioni» in un territorio in cui «c’è una povertà particolarmente diffusa e una reazione civile meno forte rispetto ad altre realtà». Preso atto della forza della ‘ndrangheta e della ridotta reazione dello Stato la presidente dell’organo parlamentare annuncia che «questa deve essere una priorità in una Commissione per la lotta alla mafia. Non so quanto tempo avremo a disposizione – ha concluso – mi auguro l’intera legislatura, dobbiamo raggiungere importanti obiettivi e affrontare le urgenze possibilmente ottenendo grandi risultati». 

L’annuncio della Bindi giunge proprio nel momento in cui viene reso pubblico il rapporto Transcrime su “Espansione e peso dell’economia criminale” presentato da Ernesto Savona dell’Università di Milano. Secondo questo rapporto la criminalità organizzata italiana in tutte le sue forme realizza cifre da capogiro facendo affari in maniera illegale e ricorrendo a trucchi contabili come quello delle società occultate nelle cosiddette scatole cinesi o ricorrendo a prestanome per aggirare i controlli. Un sistema che avrebbe prodotto a vantaggio delle mafie ricavi che hanno un valore medio di 10,6 miliardi di euro annui (con una forbice che va da un minimo di 8,3 a un massimo di 13), pari allo 0,7% del Pil, cioè 178 euro per abitante. Fonte principale degli introiti illeciti sono le estorsioni e il traffico di stupefacenti. 

E se la criminalità organizzata nel suo complesso produce ricavi per lo 0.7% del Pil, tra le varie forme di criminalità a fare la voce grossa c’è proprio la ‘ndrangheta calabrese che produce profitti pari al 35% del totale dei ricavi delle mafie, di poco seguita dalla camorra campana (32%).

L’ANALISI DETTAGLIATA DEGLI INTERESSI ECONOMICI MAFIOSI. La ricerca evidenzia come i settori economici prediletti dalle mafie siano quello del commercio, ingrosso o dettaglio fa poca differenza, che da solo raggiunte quasi un terzo del totale (29,4%), seguito a ruota dalle costruzioni e quindi dall’edilizia che si attesta al 28,8%. Residuale ma non troppo il settore della ristorazione e dell’accoglienza che fa registrare il 10,5% del totale. Il resto si ripartisce tra attività immobiliari, noleggio e informatica (9%) e agricoltura, caccia e pesca (6,5%). 
Secondo questo studio il tasso più alto delle aziende mafiose è concentrato nel Sud Italia. Ma come le recenti inchieste hanno dimostrato il Nord non è immune al fenomeno anzi alcune province (Milano, Lecco, Brescia, Como, Bologna) mostrano un’alta presenza di aziende considerate mafiose. Dal rapporto emerge come le aziende mafiose preferiscano operare in territori dove sia già alta la presenza dei boss, con bassa competitività straniera, e in settori ad alta intensità di manodopera e a bassa tecnologia. 
Scendendo nella struttura degli investimenti, poi, si scopre che le mafie preferiscono le società a responsabilità limitata (su 1667 imprese confiscate lo erano il 46,7%) e l’utilizzo dei parenti come come prestanome. Appare scarso invece il ricorso a veri e propri manager o professionisti esterni alla famiglia. Inoltre, e questo è un dato che riguarda soprattutto la ‘ndrangheta, la criminalità ha necessità di esercitare un controllo diretto dell’impresa.  
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