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ROMA, 29 NOV – I ‘cuginì di Forza Italia sono dei “poltronisti incoerenti”. Lo mette per iscritto, Beatrice Lorenzin. Si era sentita accusare di attaccamento alla poltrona, insieme agli altri ministri Pdl, passati a Ncd. E invece adesso, dopo l’uscita di Silvio Berlusconi dal Parlamento e l’addio di FI alla maggioranza, sul tavolo di Enrico Letta tardano ad arrivare le dimissioni di cinque dei sei sottosegretari in quota azzurra. E tra i ‘cuginì del centrodestra scoppia la polemica.
Ma anche il Cavaliere è amareggiato per la nuova grana. Chi lo ha sentito oggi racconta da un lato il dispiacere per le dure parole con cui Adriano Galliani ha suggellato il divorzio dal Milan, dall’altro lato il disappunto per il dover assistere alle scene di attaccamento alle poltrone di chi quelle poltrone ha conquistato grazie a lui. “Si vendono tutti per una sedia”, scuote la testa Berlusconi. “E’ la conferma che c’è chi sta lì soltanto per una carica”, dice. E, spiegano i suoi interlocutori, non si riferisce solo ai sottosegretari FI.
“Non resto al governo con traditori e giustizialisti”, dice Gianfranco Miccichè, l’unico dei sei sottosegretari ‘azzurrì ad aver rassegnato al momento le dimissioni. Che “arrivano – ironizza Letta – con il contagocce”. E di sicuro non arriveranno tutte. Perchè se Jole Santelli e Walter Ferrazza hanno annunciato di averle presentate sì, ma nelle mani di Berlusconi, non hanno intenzione di lasciare il governo nè il tecnico Cosimo Ferri nè Rocco Girlanda, che ha deciso di passare a Ncd. Mentre tacciono per ora Bruno Archi e Marco Flavio Cirillo.
Le mancate dimissioni “mi fanno sorridere”, commenta Angelino Alfano, che però dice no a un rimpasto. “Non si può essere sottosegretari di lotta e di governo”, avverte Gaetano Quagliariello. Ma è anche contro i presidenti di commissione (FI ne ha 2 al Senato, 4 alla Camera), che punta il dito Ncd. Nunzia De Girolamo chiede il passo indietro di chi, come Nitto Palma, era stato eletto presidente dalla maggioranza delle larghe intese. Ma il senatore campano replica: “Si dimetta lei e lo farò anch’io”. Insomma, i forzisti non hanno intenzione di lasciare i ruoli istituzionali nelle Camere. E sono inamovibili, fino alla verifica di metà legislatura. Ma quanto ai sottosegretari Raffaele Fitto puntualizza: “E’ una loro scelta personale, FI in ogni caso è all’opposizione in modo chiaro”.
Da Arcore, intanto, ai suoi interlocutori Berlusconi spiega di volersi concedere un momento di riposo, fino a lunedì, dopo giorni intensi. Intende raccogliere le idee per poi la prossima settimana riprendere l’opera di rilancio e riorganizzazione del partito. Nel weekend dell’8 dicembre il Cav, per il quale i forzisti tendono a escludere l’ipotesi di una candidatura alle europee in un Paese straniero, dovrebbe tornare sulla ribalta da leader dell’opposizione. E anche per sottrarre spazi sulla scena politica al ‘battesimò di Ncd, i parlamentari sabato 7 sono mobilitati con conferenze stampa in ogni provincia d’Italia. Mentre in contemporanea con le primarie Pd, l’8 Berlusconi in persona officerà una kermesse dei club Forza Silvio.
Ma a occupare i pensieri del leader di FI in queste ore sono soprattutto le nuove notizie dal fronte giudiziario, che alimentano in lui la sensazione dell’assedio delle procure e il timore di una eclatante richiesta di arresto (“E’ un perseguitato”, si dice convinto Alfano). Nelle motivazioni del processo Ruby 2 i giudici di Milano ipotizzano infatti per lui e per i suoi legali Ghedini e Longo, oltre che per alcune ospiti ad Arcore, il reato di corruzione in atti giudiziari. E aprono la strada a un nuovo processo, il temuto Ruby ter. Da lì, teme il Cav, potrebbero venire nuove, pesanti, grane.(

RISPONDE su Facebook, Jole Santelli, alla polemica innescata dai “cugini” del Nuovo Centrodestra contro gli esponenti di Forza Italia al Governo. La sottosegretario al Lavoro calabrese non accetta quell’appellativo di “poltronisti incoerenti” che Beatrice Lorenzin ha rivolto ieri al drappello di seguaci di Berlusconi che non lasciano il proprio posto nonostante il partito abbia abbandonato l’esecutivo Letta: «Sono rimasta allibita dalla nota della mia amica», scrive sui social network Santelli. E aggiunge: «Aspettate qualche giorno o qualche ora, c’è chi come me ha già traslocato negli uffici della Camera lasciando le stanze dei ministeri».

Le dimissioni di Jole Santelli e degli altri, però, sono ancora un caso. Cinque su sei non hanno ancora consegnato un atto formale nelle mani del premier. L’unico ad averlo fatto è Gianfranco Miccichè, che tuona: «Non resto al governo con traditori e giustizialisti». Il tecnico Cosimo Ferri e Rocco Girlanda sembrano intenzionati a restare al loro posto, con quest’ultimo che ha deciso comunque di traghettare verso Ncd. Nessun segnale da Bruno Archi e Marco Flavio Cirillo.

E mentre dai seguaci di Alfano si contestano anche i presidenti delle 2 commissioni del Senato e delle 4 della Camera rimaste in mano a esponenti forzisti eletti con i voti della vecchia maggioranza, Jole Santelli replica, ancora su Facebook, con un nuovo post: «È chiaro che chi ha scelto di stare in FI non può rimanere al governo con Enrico Letta, il Pd ed Ndc. Le dimissioni formali sono atto politico più di partito che personali. O meglio il momento in cui formalizzarle riguarda le scelte che effettuerà FI. D’altronde è ovvio che in questo momento il punto politico è solo quello della formalizzazione della fine del governo delle Larghe Intese e l’inizio del governo a quasi completa trazione Pd. Altra, invece, la posizione dei Presidenti di Commissione. Non riesco davvero a comprendere per quale motivo chi ha aderito a FI dovrebbe lasciare le presidenze delle Commissioni parlamentari. Non capisco quale precedente possa essere citato o quale logica politica sia sottesa a tale pretesa».

Intanto nell’esecutivo la situazione più particolare è proprio quella di Jole Santelli e Walter Ferrazza che hanno scritto le loro dimissioni ma le hanno consegnate a Silvio Berlusconi. Il Cavaliere fa sapere di volersi ritagliare un fine settimana di riposo e rinvia a lunedì ogni discussione in merito.

La deputata calabrese, intanto, prova a smorzare i toni della polemica: «Probabilmente a premere sono i tanti approdati nella nuova formazione con l’ambizione di conquistare un ruolo. Posso comprendere che ciò costituisca un problema per il Ndc ma credo che uscite come quelle di ieri non siano certo utili all’immagine di tanti colleghi». E poi si chiede: «Ha senso inasprire i toni? Onestamente non credo e non credo convenga un’esposizione così proprio ai ministri. Lo dico con affetto verso persone verso cui (non tutti) ho stima ed amicizia».

 

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