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COSENZA – Sorride Pippo Callipo quando gli si chiede cosa sia cambiato rispetto al 2010 quando con Idv e la sua “Io resto in Calabria” si candidò alla presidenza della Regione ottenendo un lusinghiero 10%. «Beh, è cambiato che ho dieci anni in più, anagrafici ma anche d’esperienza. Mi sento oggi più maturo e più pronto ad affrontare quanto accadrà il 27 gennaio. E’ cambiata anche la conoscenza del territorio, visto che in questi anni ho allentato il mio impegno in azienda a favore dei figli e ho potuto veramente girare la Calabria in lungo e largo e toccarne i problemi con mano».

Cosa contesta al Governatore uscente Mario Oliverio e cosa farà in continuità con lui?

«Contesto quello che contesto al suo predecessore ovvero questa discrepanza fra i programmi e l’attuazione. Noi abbiamo elaborato un programma articolato in 10 punti, elaborato con l’ausilio di esperti nelle varie materie, che proprio oggi (ieri,ndr) abbiamo pubblicato sui social. Io penso che la differenza non la facciano i programmi, ma gli uomini che si impegnano a realizzarli».

VIDEO – CALLIPO E LA RIVOLUZIONE DOLCE

E di Oliverio non riprende nulla? Eppure lei è il candidato del centrosinistra.. è corretto?

«No, io ho lanciato la mia sfida stimolato dalla società civile e in particolare da alcuni ragazzi. Uno per la precisione che un giorno, in un liceo di Catanzaro, mi chiese se non mi sentivo responsabile dello stato in cui versa la Calabria. Sul momento ho risposto di aver sempre fatto il mio, ma poi la sera che è il momento in cui uno resta solo con se stesso, quella domanda ha continuato a girarmi in testa; mi sono chiesto se quella risposta fosse giusta o se avessi potuto fare di più. E’ stata quella la molla che mi ha fatto, sabato 30 novembre alle 11,30, rilasciare alle agenzie una dichiarazione in cui annunciavo la mia disponibilità a candidarmi. Su questo progetto si sono inserite le forze che hanno deciso di sostenermi fra cui il Pd»

Non è riuscito però ad attrarre nel progetto i 5 Stelle…

«Beh, non certo per colpa mia. Lei deve pensare che il mio movimento “Resto in Calabria” è nato nell’agosto del 2009, i 5 Stelle nel novembre di quell’anno. Molti principi sono identici per questo mi sento molto vicino a loro»

Allora cosa è successo?

«Non lo so perché c’è stato più di un abboccamento. Di Maio sulle prime era d’accordo e ne ha discusso a lungo con Zingaretti. Poi ad un certo punto ha deciso di delegare la decisione ai parlamentari calabresi. Li ho avuto tutti a cena e abbiamo parlato a lungo, ma mi sono reso conto che il gruppo era diviso e non mi è sembrato giusto essere leader a metà che poi è quanto è accaduto a Francesco Aiello che sulla piattaforma Rousseau è stato votato solo dal 53% mi sembra. Detto questo, io ho rivolto numerosi inviti ai 5 Stelle a venire con noi. Pensi che quando è venuto Di Maio a Catanzaro per la presentazione del candidato Aiello ci siamo sentiti la mattina e io mi sono detto disponibile a salire sul palco. E’ andata diversamente ma non è mancato per me».

E cosa risponde alle accuse di essere vicino al centrodestra?

«Non mi sembra che destra e sinistra siano categorie valide ancora oggi, sopratutto per la situazione della Calabria. Nella mia segreteria è venuto Michelangelo Tripodi e mi ha detto guarda che io sono comunista. Gli ho risposto di parlare con i miei operai e chiedergli se Callipo è comunista o meno. Se per comunista intendiamo uno vicino alla gente, ai lavoratori, lo sono da quarant’anni. Il resto sono categorie politiche del secolo scorso che oggi non hanno senso per me».

Torniamo al nocciolo del suo progetto…

«Voglio liberare i calabresi da questa situazione di sudditanza che li porta a cercare una raccomandazione anche per ottenere un diritto elementare, vorrei introdurre il merito. L’abbiamo definita rivoluzione dolce perché non voglio portare un cambiamento, ma una vera e propria rivoluzione di tipo culturale non certo con le bombe, per questo la definisco dolce».

Non si corre il rischio di avere programmi simili? Cosa li differenzia da un Tansi, Aiello o Santelli?

«Ahimè i punti programmatici fondamentali sono sempre gli stessi perchè non sono mai stati risolti: sanità, sviluppo, infrastrutture, occupazione. La differenza sta in come uno pensa di svolgerli e in che tipo di competenze ha. Io da 50 anni sono sulla breccia, non so se altri, che magari vengono da 20 anni di politica, sanno cos’è la burocrazia calabrese, le strade calabresi, gli ospedali».

Sulla sanità la Regione è commissariata…

«E questa è una fase che va superata. Sono contrario ai commissariamenti che ci hanno portato più guasti che altro. Le nostre ferite ce le dobbiamo curare noi calabresi, non possiamo pensare che venga qualcuno da fuori che non conosce nè il territorio nè i problemi specifici a risolverli».

Statisticamente parte svantaggiato: sei liste contro te. La preoccupano questi numeri? Quanto conta secondo lei il voto d’opinione?

«Mi preoccupa perchè i calabresi da tempo sono sottomessi ad alcuni politici che governano da 20 anni, qualcuno anche di più, la nostra terra. Spero che siano in tanti quelli stufi, che vogliono cambiare. Il voto è un’arma potente, peggio di una lupara, diceva il giudice Borsellino. Spero che i calabresi lo usino premiando una persona che ha realizzato tanto, non solo nella sua azienda, ma anche per il territorio con una serie di iniziative sociali, con le associazioni, le scuole. Lo faccio da anni. Non ho bisogno di andare a Milano per fare una consulta sui problemi della Calabria».

Lei parla spesso di legalità, ma non dovrebbe essere una precondizione della politica? Non ho mai sentito dire un politico: io sono per il malaffare…

«Certo ma di questi tempi non mi pare che la legalità sia all’ordine del giorno nel Paese e in Calabria. La legalità è stata sempre il filo conduttore della mia vita sin da quando a soli 20 anni ho iniziato a seguire mio padre in azienda. Da lui ho assorbito alcuni concetti e comportamenti. Non me li ha mai enunciati, ma li ho assorbiti vedendo come si comportava con gli operai, con i clienti, con i fornitori. Non l’ho mai visto scendere a compromessi perchè teneva molto alla sua libertà che è la cosa più bella che può avere un uomo. Per questo mi trovavo e mi trovo molto d’accordo con mons. Bregantini quando diceva che dobbiamo trattare la Calabria come un giardino nel senso di prendersene cura, ognuno per la sua parte. Un po’ lo stesso concetto che ha detto Nicola Gratteri e che ho fatto mio quando invita tutti a prenderci gli spazi dell’agire pubblico che altrimenti saranno occupati dai soliti noti e non cambierà niente. Lui ha detto di voler smontare e rimontare la Calabria come un Lego, anche io voglio farlo dal punto di vista dell’impegno civile».

Ha già in mente una squadra che può farlo?

«Se vinco sceglierò in autonomia una squadra di alto profilo, fatta da persone competenti scelti da me. I consigli se voglio li chiedo, se me li danno li respingo non per arroganza ma perchè voglio prendermi fino in fondo le mie responsabilità»

Tratterrà qualche delega?

«Nessuna. Sono 40 anni che gestisco risorse umane, gestirò la squadra di assessori».

Nominerà un assessore al Turismo?

«Certo (ride, ndr) se non puntiamo su turismo e agricoltura che facciamo?»

Lo sa che non lo nominano da dieci anni?

«Certo che lo so, lei si è mai chiesto il perchè?»

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