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Marco Minniti

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CATANZARO – Senza apparenti rimpianti esce dalla scena politica nazionale e calabrese il deputato Marco Minniti che cambia mestiere, andando ad assumere la guida di una neonata fondazione della società, controllata per il 30 per cento dal ministero dell’Economia, erede di Finmeccanica. Sarà il presidente di Med-Or, nata giovedì scorso, che vuole essere un ponte tra l’Italia e i paesi dell’area mediorientale. Minniti sarà a capo di un board di rappresentanti del mondo dell’industria, dell’università e della ricerca, anche internazionali.

Un tentativo di conciliare mondi produttivi ed accademici “per favorire il dialogo costruttivo tra Paesi, culture e sistemi economici ed enfatizzare il ruolo dell’Italia a livello globale”. La fondazione è qualcosa che assomiglia a un think tank interno a Leonardo, ma con qualche connotato molto particolare.

L’impressione è che sia una struttura dal significato quasi culturale, oltre che strategico, in modo da unire l’Italia di diversi Paesi delle aree di maggiore interesse strategico, costruendo delle sinergie che si irradiano verso industrie, università, governi e società di diversa natura. Insomma, una fondazione che sembra avere un ruolo particolarmente importante anche sotto il profilo “didascalico”. Cosa che rende la creatura di Leonardo un unicum particolarmente interessante nel quadro degli asset strategici italiani.

Prende il suo posto in Parlamento Eva Avossa (Pd), attuale vice sindaco e assessore dell’istruzione del Comune di Salerno. In realtà il distacco dalla Calabria c’era già stato giacché egli, nelle ultime elezioni, si candidò in tre diversi collegi per essere sicuro di venire eletto. Venezia, Marche e Salerno dove, appunto, fu eletto nel proporzionale “Campania 2”. L’era renziana era al tramonto; anche il distacco dalla sua terra, dopo aver fatto parte del direttorio con Ernesto Magorno e Mario Oliverio.

L’incarico di ministro dell’Interno dal 12-12-2016 al 1°-6-2018 fu l’ultimo conferimento, anche se fu tentato a candidarsi per la segreteria nazionale. Idea abbandonata quando si accorse che forse poteva essere una trappola. Ma lui è stato sempre presente in politica, persino in Calabria, anche quando non c’era. Come influencer, suggeritore o dissuasore quando era necessario.

È stato un comunista sui generis, più filosofia che ideologia. Ha percorso tutta la filiera Pdi-Pds-Ds-Pd senza costruire reti clientelari, procurandogli scollamenti con una certa base che lo vedeva come un personaggio “superbo”. È stato uno dei pochissimi uomini della sinistra che capì che non si poteva lasciare il monopolio dell’ambiente militare, delle forze dell’ordine e dell’intelligence alla destra e, soprattutto, alla destra fascista e complottista. D’altra parte veniva da una famiglia militare.

Ha studiato il tema dell’immigrazione in modo pragmatico, passando sovente per cinico ma curando, però, gli interessi nazionali. Fu l’opposto di Matteo Salvini, dialogando con i paesi del Maghreb. Insomma, un uomo dello Stato al servizio degli interessi generali.

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