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Peperoni cruschi di Senise

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Le specialità alimentari tradizionali della Basilicata, ottenute secondo regole protratte nel tempo per almeno 25 anni, e contenute nel censimento aggiornato al 2017

POTENZA – Maratea e Rotonda campionesse di citazioni. Ricette sia dolci sia salate che fanno quasi “distretto” a sé. Ma anche molte sorprese, a partire dalla polenta di Nemoli e dal Garum di Maratea. La sezione lucana del censimento dei prodotti tradizionali regionali 2017 stilata da Coldiretti è un’esplosione di materie prime, gusti e preparazioni che raccontano al meglio un territorio piccolo eppure tanto variegato. Dove alla grande varietà di ortaggi dovuta alla biodiversità si aggiunge l’antica sapienza della norcineria (Salsiccia a catena, Salsiccia al coriandolo di Carbone, Salsiccia di fegato di Castelluccio Superiore, «Soperzata» di Rivello…) e, appunto, un omaggio a uno dei simboli del Nord Italia: la polenta.

Sono 114 le specialità alimentari tradizionali della Basilicata, ottenute secondo regole protratte nel tempo per almeno 25 anni, e contenute nel nuovo censimento 2017 presentato dalla Coldiretti nei mesi scorsi in occasione dello storico appuntamento dell’anno internazionale del cibo italiano nel mondo proclamato nel 2018, all’apertura del Villaggio contadino della Coldiretti sul lungomare Caracciolo, a Napoli.

 «Dalla rappasciona di Viggianello, piatto della tradizione contadina ottenuto soffriggendo in olio extra-vergine di oliva la pancetta tagliata a cubetti, l’aglio, la cipolla e il peperone macinato, con l’aggiunta di legumi e cereali – è spiegato in un comunicato diffuso dall’ufficio stampa della Coldiretti lucana – ai raskatiedde cca muddiche di Episcopia, una pasta preparata con la mollica di pane, per continuare poi con i vari salumi, formaggi, formati tipici di pasta e tante altre bontà».

 «Dietro ogni prodotto – spiegano i dirigenti della Coldiretti lucana – c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio. C’è la necessità di difendere questo patrimonio del Made in Italy dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione e alla appiattimento verso il basso dell’offerta alimentare anche turistica».

 In totale sono ben 5047 le specialità presenti sul territorio nazionale nel 2017 in Italia che detiene così il record mondiale per varietà e ampiezza del patrimonio agroalimentare. Per quanto riguarda le varie categorie si tratta di 1.521 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.424 verdure fresche e lavorate, 791 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 497 formaggi, 253 piatti composti o prodotti della gastronomia, 147 bevande tra analcoliche, birra, liquori e distillati, 167 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro, ecc.) e 159 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei. 

 «Si tratta di un bene comune per l’intera collettività – conclude Coldiretti Basilicata – e di un patrimonio anche culturale che il nostro Paese può oggi offrire con orgoglio ai turisti italiani e stranieri». Ecco qualche caso degno di segnalazione.

“POLENTONI” DI BASILICATA
Quella di Nemoli è legata a una tradizione antichissima che si svolge il martedì grasso e che prende vita dalle offerte spontanee della popolazione: ogni anno la festa inizia di buon mattino con la preparazione della polenta, circa 5 quintali, condita con un sugo fatto con salsiccia, pancetta e pepe rosso macinato. La polenta viene offerta insieme all’ottimo vino locale a coloro che arrivano in paese. La sagra del martedì grasso, nelle sue moderne declinazioni, chiude un calendario di eventi organizzati in occasione del carnevale, a sancire uno dei tanti casi in cui feste pagane, religione e rituali della tavola si fondono. 

UN LASCITO DEI ROMANI
Il garum di Maratea prende il nome dalla salsa di pesce azzurro che Apicio nel suo famoso ricettario –l’unico manuale di cucina di età romana pervenuto sino a noi – propone come indispensabile completamento di quasi tutte le ricette presentate: «Nel corso di scavi archeologici effettuati a Maratea – si legge sul sito maratea.info – sono stati ritrovati dei manufatti di età romana che riportano alle modalità di preparazione e conservazione di questo famoso ingrediente della cucina degli antichi romani. Tali manufatti, presenti ad esempio sull’isola di Santo Janni, fanno pensare a Maratea come uno dei più importanti “centri” produttivi di questo alimento di tutta la costa tirrenica». 

QUEI NOMI ANCESTRALI
Coldiretti cita la «’ncandarata» (piatto povero, ma non certo di grassi e calorie, che nasce dalla necessità di utilizzare anche le parti meno nobili maiale e di condire cavoli, verza ed altre verdure senza utilizzare le carni), il salame suino «pezzente» (meglio conosciuto come «nnoglia», o «nuglia», termini che riportano alla «nduja» piccante della Calabria), o «U ungrattnoat» di Terranova del Pollino: interiora di pecora e capra («trippicell», polmoni, eccetera) preparati in occasione dei matrimoni. Gli ingredienti, oltre alle interiora, sono: formaggio pecorino grattugiato, uova, sale, olio d’oliva e bollito di carne ovicaprina, sedano, cipolla e pepe nero, tutti a cuocere a legna con olio e l’aggiunta – secondo i dettami della cucina “slow” – di brodo di carne ovina o caprina e il “sigillo” di uova stracciate, formaggio grattugiato e pepe. Un’altra bomba energetica per  il lavoro nei campi o negli inverni rigidissimi ai piedi del Pollino.

PIÙ O MENO NOTI
Maratea è presente poi coi suoi Capperi sotto sale e con la Carruba, e soprattutto col Gilò: un ortaggio della famiglia delle melanzana arrivato dal Brasile con il ritorno di emigranti del posto. Tra i prodotti della terra non può mancare una menzione per la Melanzana bianca di Senise, la patata rossa di Terranova del Pollino, i Peperoni cruschi di Senise e i pomodori costoluti di Maratea e Rotonda o quelli secchi «Cietta’icale» di Tolve. Passando per le olive al forno di Ferrandina e un tripudio di pizze, biscotti e «pasticciotti», si arriva ai fagioli (quelli di Muro Lucano, di San Gaudioso, il fagiolo «zeminelle» e quello rosso «Scritt»), e alla lettera F troviamo anche le farine: quella di germana “iermana”, quella di granone “quarantino”, quelle di mischiglio e di carosella. E si trova persino un Tartufo bianco del Serrapotamo. 

UN’ASSENZA CHE PESA
Quando si tosavano le pecore ne veniva uccisa una e si metteva a bollire in una grande pentola di rame con odori, per ore e ore. Un profumo antico che si sentiva già dal pomeriggio nelle vie di Aliano, la «pastorale» che in molti assaggiano durante il festival La Luna e i Calanchi non è purtroppo menzionata nel campionario Coldiretti: alloro, aglio e cipolla, origano, pomodoro e peperoncino sono qualcosa di letterario quasi quanto la “Pastorale americana” di Philip Roth. Forse è il caso di aggiornare la lista portandola a 115. E buon appetito!

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