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REGGIO CALABRIA – Da una ventina d’anni è in carcere, dove sta scontando quattro ergastoli, ed fino al 2005 in regime di 41 bis. Ma ciò, per investigatori ed inquirenti, non gli impedisce di continuare ad essere il capo indiscusso dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta.

E’ Marcello Viola, boss-chirurgo – grazie alla laurea presa in carcere – e casus belli all’origine della decisione della Corte Europea su Diritti Umani di Strasburgo che ha imposto all’Italia di riformare la legge sull’ergastolo ostativo. E’ suo, infatti, il ricorso che ha portato alla decisione di oggi. In carcere Viola, che si è sempre proclamato innocente, c’è finito per una serie di omicidi plurimi, occultamento di cadavere, sequestro di persona e detenzione di armi.

E’ ritenuto uno dei protagonisti della sanguinosa faida di Taurianova, cittadina nella Piana di Gioia Tauro, che visse un paio d’anni di terrore a causa di uno scontro per il dominio mafioso del territorio che provocò decine di morti ammazzati tra alcune famiglie di Iatrinoli e Radicena, le due frazioni dalla cui unificazione nacque poi Taurianova. Tra i gruppi direttamente coinvolti anche le famiglie Fazzalari, Zagari, Giovinazzo e Viola da una parte e gli Asciutto, Grimaldi e Alampi dall’altra.

Marcello Viola, tra l’altro, è stato riconosciuto come uno dei componenti del commando che mise in atto quello che poi è stato definito il “Venerdì nero” di Taurianova quando, in un solo giorno – il 3 maggio del 1991 – vennero uccise quattro persone. Una missione di morte durante la quale si verificò uno degli episodi più macabri e crudeli della criminalità calabrese. Una delle quattro vittime, Giuseppe Grimaldi, venne letteralmente decapitato dai colpi di fucile e con la sua testa mozzata i killer fecero tiro a segno in una piazza della città. Un episodio che segnò l’apice della ferocia della faida.

La vicenda fece il giro del mondo e contribuì, poche settimane dopo, al varo della legge che prevede lo scioglimento dei Consigli comunali per mafia. Taurianova, infatti, fu il primo comune italiano sciolto per infiltrazioni delle cosche. Arrestato e poi condannato nell’operazione «Taurus», Marcello Viola viene ritenuto anche uno degli esecutori del tentativo di sterminio della famiglia Grimaldi. Lo stesso giorno dell’omicidio di Giuseppe, secondo l’accusa, Viola, insieme ad altre due persone, si recò a casa della vittima cercando di rapirne il figlio ed altri familiari. Tentativo che non andò in porto. Nel periodo della sua detenzione, sul finire degli anni ’90, Viola è anche riuscito a laurearsi, prima in biologia e poi in medicina e chirurgia. Infine si è iscritto anche in Economia aziendale. Studi che, probabilmente, lo hanno aiutato a pianificare insieme ai suoi legali l’attacco frontale all’ergastolo ostativo.

La sentenza

La Grand Chamber della Corte Europea dei Diritti Umani ha respinto il ricorso presentato dall’Italia contro la sentenza del 13 giugno 2019 sul cosiddetto ergastolo ostativo, cioè il carcere a vita che non prevede benefici né sconti di pena, applicato in Italia per reati gravissimi come l’associazione mafiosa o il terrorismo, in assenza di collaborazione con la giustizia da parte del condannato.

Con quella sentenza, che riguardava il caso di Marcello Viola, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che la condanna al carcere a vita “irriducibile” inflitta al ricorrente viola l’articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani.

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