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Il vescovo di Reggio Calabria, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini

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ROMA – “Doveroso” legalizzare gli immigrati nel nostro Paese, basta chiudere ”ipocritamente” gli occhi. L’appello, attraverso l’Adnkronos, arriva dall’arcivescovo di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, che si unisce al coro di quanti in questi giorni, tra loro anche l’ex ministro dell’Interno Minniti, chiedono la regolarizzazione degli immigrati che vivono in baraccopoli illegali e possono essere potenziali focolai di epidemie.

«La pandemia del coronavirus – riflette con preoccupazione l’arcivescovo – sta evidenziando tanti aspetti negativi dell’organizzazione della società, che speriamo possano essere affrontati dopo che saremo usciti da questa terribile prova sociale. La speranza si fonda sui buoni propositi che si ascoltano da persone di ogni sfera sociale: la società dopo il coronavirus dovrà essere differente. Quello degli immigrati è sicuramente uno di questi aspetti negativi o mali sociali sui quali si chiudono ipocritamente gli occhi, salvo poi ad alzare la voce e fingere le maniere forti, quando il male esplode in tutta la sua tragicità. Basta guardare indietro per rendersene conto».

L’arcivescovo di Reggio Calabria riflette sugli appelli alla regolarizzazione degli immigrati che in questi giorni si moltiplicano da parte di associazioni, sindacati: «Oggi si sta discutendo sulla legalizzazione della loro presenza, smettendo così di fingere che il problema non ci sia. Sono molte le voci che si stanno alzando in tal senso. Mi sembra doveroso aderire a questo coro, guardando in faccia la realtà senza far finta di non sapere che la legittimazione della loro presenza potrebbe risolvere il problema del caporalato, del lavoro nero, dello sfruttamento sociale, dalla dignità delle loro abitazioni, del loro inserimento nel nostro tessuto sociale con diritti e doveri. Chi può negare che tanta parte del lavoro in agricoltura è svolto da questi immigrati senza dignità sociale perché ufficialmente clandestini? La società lo tollera, anche se poi grida contro l’accoglienza degli immigrati»

L’attenzione del presule si concentra anche sulle condizioni di totale sfruttamento in cui sono tenuti gli immigrati che svolgono il lavoro nei campi, ancor più accentuate dalla pandemia: «Il coronavirus ha generato crisi anche nel mondo dell’agricoltura, all’interno del quale il lavoro nero di questi immigrati è una manna per tutti i proprietari terrieri, che li possono tranquillamente sfruttare, costringendoli ad orari massacranti, pagandoli un niente, costringendoli a vivere in campi di fortuna, mentre tutti ci giriamo dall’altra parte per non vedere. Ben venga allora una iniziativa che vada nella direzione della legittimazione della loro presenza in Italia. La Chiesa italiana è su questa linea, anche se non compete ad essa suggerire le forme concrete per raggiungere lo scopo».

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