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La testa di capra mozzata ritrovata nei pressi dell'auto in fiamme

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CAMINI – Obbligo di dimora nel comune di residenza e presentazione alla polizia giudiziaria. Sono le misure cautelari personali, coercitive e obbligatorie disposte dal Gip presso il Tribunale di Locri su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti del commerciante S.V., di anni 45, di Riace.

Secondo gli investigatori sarebbe il responsabile dell’atto intimidatorio (LEGGI) compiuto il 29 giugno scorso a Camini, contro l’avvocato 50enne del luogo, Anthony Domenico Arcadi. L’ordinanza è stata eseguita dai Carabinieri della Stazione di Riace.

Gli stessi hanno raccolto tutti gli elementi possibili per individuare il responsabile della grave individuazione al professionista. Dalle risultanze investigative raccolte in un mese circa di indagini serrate, i militari dell’Arma sono arrivati a cogliere alcuni tratti distintivi univoci e riconducibili al commerciante di Riace. Si sono rivelate indispensabili all’inchiesta le immagini di numerosi sistemi di videosorveglianza. Ed è così che gli investigatori sono riusciti a ricostruire la dinamica, cioè quando l’uomo ha raggiunto la scena del crimine, il veicolo utilizzato dal reo e persino nella disponibilità dello stesso indagato le scarpe indossate al momento del delitto.

La notte del 29 giugno scorso, intorno alle 3.30, alcuni ragazzi extracomunitari ospitati nei progetti di accoglienza del Comune di Camini hanno notato che, in una strada dietro la sede municipale stava bruciando un’autovettura. Diversi volontari si sono affrettati a cercare di spegnere le fiamme con ogni mezzo a disposizione. Anche il sindaco del paese, allertato nella notte, è sceso in strada per cercare di salvare il salvabile. E mentre si aspettava l’arrivo dei Vigili del fuoco, arrivati a Camini dopo oltre un’ora dalla chiamata alla centrale, sul luogo dell’incendio è giunto il professionista proprietario dell’autovettura, l’avvocato Arcadi.

La sua vecchia Fiat Uno era ormai un groviglio di lamiere arrugginite dal fuoco. Le fiamme avevano distrutto tutto, danneggiando anche una vecchia casa a ridosso della quale era parcheggiata l’auto presa di mira. Un incendio doloso, per come hanno potuto subito accertare i pompieri e gli investigatori dell’Arma dei Carabinieri della Compagnia di Roccella Jonica, giunti per primi sul posto e, a seguire i colleghi della vicina Stazione di Riace, competente per territorio.

Infatti, a poca distanza dell’auto, poggiata per terra, ignoti avevano inscenato a dovere un quadro visivo impressionante. Una testa di capra mozzata coperta fin sopra gli occhi con un pezzo di stoffa nera. Nella bocca era infilata una comune penna biro, che in parte vi rimaneva fuori. Macabro e, allo stesso tempo, inquietante il messaggio. Un segno che nelle terre della ‘ndrangheta equivale a una minaccia di morte, rappresentata con il classico rito dell’impressionante cimelio della testa di animale decapitata.

Gli investigatori, dopo aver fatto i rilevamenti e gli accertamenti opportuni, hanno sequestrato alcuni oggetti usati per l’atto intimidatorio, e dopo aver acquisito formale denuncia, hanno avviato le indagini. Ora, i primi frutti dell’inchiesta, coordinata dalla Procura di Locri e portata avanti dai Carabinieri. Ai Carabinieri che lo hanno sentito a ridosso dell’accaduto, l’avvocato Arcadi non avrebbe saputo fornire spiegazioni sulla matrice di un gesto gravissimo e tutto da interpretare. Domani il primo interrogatorio.

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