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All’ex direttore generale erano stati sequestrati beni per 900mila euro nell’ambito di un’indagine su truffa, falso e abuso d’ufficio

di STEFANIA PAPALEO

CATANZARO – Il Tribunale del riesame ha deciso: all’ex direttore generale della Regione Calabria, Franco Zoccali, vanno restituiti i beni sequestrati. Ed entrando ancora più nel merito della vicenda, i giudici parlano di insussistenza del fumus dei reati di truffa, falso e abuso d’ufficio.

L’INCHIESTA CHE COINVOLSE SCOPELLITI E GLI EX ASSESSORI

 

Insomma, tante scuse e beni indietro. Beni per un valore di quasi 900 mila euro che la Procura della Repubblica di Catanzaro, per mano del sostituto procuratore Gerardo Dominijanni, aveva posto sotto sequestro nell’ambito di un’indagine che ruotava intorno agli incarichi ottenuti da Zoccali dal 2002 al 2007, tra il comune di Reggio Calabria e la Regione, sotto l’egida di Giuseppe Scopelliti. Provvedimento che era stato avallato da una prima sezione del Tribunale del riesame, ma solo in relazione al reato truffa, salvo essere successivamente annullato dalla Corte di Cassazione, che aveva disposto un nuovo riesame davanti ad una diversa sezione del Tribunale, che ieri si è pronunciato a favore dell’imputato, accogliendo in toto la tesi difensiva portata avanti dall’avvocato Francesco Gambardella.

Un epilogo che, con tutta evidenza, avrà un peso decisivo sul prosieguo dell’indagine che, al momento, ha registrato solo una proroga chiesta e ottenuta, ad aprile dello scorso anno, dall’allora titolare del fascicolo, il sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, attualmente in forza alla Procura di Reggio Calabria. Dovrà necessariamente ripartire da qui, infatti, il nuovo magistrato al quale sarà affidata l’inchiesta, che parla di presunte truffe contrattuali a consumazioni prolungate, che avrebbero portato nelle tasche del fedelissimo di Peppe Scopelliti quasi 900 mila euro di emolumenti, secondo l’accusa “percepiti illegittimamente, tra il 2002 e il 2007, grazie alle nomine ottenute presso il comune di Reggio Calabria, prima, e la Regione Calabria, dopo”. Da lì il sequestro per equivalente contro il quale Zoccali si era subito battuto in tutte le sedi, rigettando le accuse che avevano travolto altre 24 persone, tra cui l’ex governatore ed ex sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, l’ex assessore regionale al Personale, Domenico Tallini, ed i componenti delle Giunte comunali di Reggio in carica dal 2002 al 2007, tra cui i senatori Bilardi e Caridi, l’attuale presidente della Provincia di Reggio Calabria, Peppe Raffa, e Tilde Minasi.

Per loro, a vario titolo, le accuse di abuso d’ufficio, truffa e falsità ideologica in atto pubblico, ipotizzate dal magistrato sulla scia degli accertamenti portati avanti dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e dagli uomini del Nisa (Nucleo investigativo sanità e ambiente), che avevano lavorato a pieno ritmo nelle verifiche contabili finalizzate al sequestro dei beni a carico di Zoccali, nominato, secondo l’accusa, illegittimamente direttore generale della Regione, in quanto privo dei requisiti necessari, non avendo avuto la particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica richiesta, tanto che, per il requisito dello svolgimento quinquennale di funzioni dirigenziali, Zoccali avrebbe indicato l’incarico ricoperto al Comune di Reggio negli anni in cui Scopelliti era sindaco.

Ed era stato per questo che nell’inchiesta erano finiti anche gli assessori dell’epoca del Comune reggino.  Alla Procura, adesso, il compito di portare l’inchiesta al traguardo, alla luce della decisione assunta ieri dal Tribunale del Riesame di Catanzaro.

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