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L’operazione contro le cosche reggine evidenzia, secondo il procuratore Cafiero de Raho, la capacità di controllare ogni aspetto dell’economia

REGGIO CALABRIA – È la ‘ndrangheta a decidere, a Reggio Calabria, chi poteva aprire un negozio, chi doveva essere assunto e quale impresa dovesse lavorare. Il drammatico spaccato emerge dall’operazione “Sistema Reggio” che oggi ha portato all’arresto di 17 persone (LEGGI I PARTICOLARI DEL BLITZ).

A delineare il quadro allarmante è il procuratore capo Federico Cafiero de Raho «Da questa indagine – ha detto nel corso della conferenza stampa – emerge uno spaccato in cui la ‘ndrangheta, a dispetto delle “guerre” che hanno insanguinato le strade della città, assume il ruolo di “regolatore preventivo”, cioè decide chi deve e dove aprire un nuovo esercizio commerciale, le persone da assumere e le imprese che devono eseguire le ristrutturazioni».

Nel blitz contro le potenti cosche reggine De Stefano, Franco, Rosmini, Serraino e Araniti è finita in carcere anche una dipendente del tribunale che avrebbe avuto il ruolo di “talpa” (LEGGI), a dimostrazione della capacità pervasiva dei clan.

Secondo il procuratore, «con l’intervento del’avvocato Giorgio De Stefano, detto “il massimo” finisce anche la “dinamica dinamitarda” ai danni delle vittime delle attività estorsive delle cosche».

Al centro dell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che ha portato gli arresti c’è l’estorsione messa in atto ai danni dei proprietari del bar Malavenda, che l’omonima famiglia aveva deciso di vendere. Lo storico locale di Reggio Calabria fu acquistato da Antonino Nicolò, detto “pasticcino”, genero del boss Alessandro Serraino.

«Le indagini – ha spiegato Cafiero de Raho – sono iniziate con la prima bomba sotto la saracinesca del “Malavenda” nel febbraio del 2014, dopo che il locale era stato ceduto da Nicolò ad un rappresentante di dolciumi, Domenico Nucera, il quale si trovava in difficoltà perché pressato dai fratelli Mario e Domenico Stillitano, vicini al boss Pasquale Condello, i quali in quanto titolari di un altro locale, il “Fashion bar”, osteggiavano la riapertura del “Malavenda”. Nucera iniziò allora una sorta di “pellegrinaggio” tra le diverse cosche della ‘ndrangheta, dai De Stefano, ai Rosmini, ai Condello, ai Serraino, agli Araniti, fino a che De Stefano diede il suo consenso alla riapertura del “Malavenda”».

Un clima di tensioni e di controllo totale da parte della criminalità organizzata, dunque, al punto che il questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi, ha evidenziato che «questa operazione rappresenta la risposta forte dello Stato alla recrudescenza degli attentati di stampo mafioso che si era registrata a Reggio Calabria».

«Viene dimostrato così – ha aggiunto il questore Grassi – che lo Stato, di fronte all’arroganza delle cosche, c’è, reagisce e non arretra. Anzi attacca, attraverso le sue articolazioni sul territorio, per debellare la mala pianta mafiosa che alligna nella città di Reggio Calabria».

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