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REGGIO CALABRIA – Sirene spiegate, l’arrivo in caserma, l’esultanza dai finestrini e l’abbraccio forte e intenso per la fine di un lavoro meticoloso, difficile, pericoloso. L’arresto di Ernesto Fazzalari (LEGGI LA NOTIZIA), il latitante di ‘ndrangheta più ricercato d’Italia, secondo solo al mammasantissima Matteo Messina Denaro, è stato un successo straordinario per l’Arma dei carabinieri (LEGGI IL COMMENTO DEL PROCURATORE DE RAHO) e il video dell’arrivo in caserma, a Taurianova, del pericoloso boss rappresenta nel migliore dei modi la passione con cui i militari hanno seguito i suoi passi fino all’arresto (GUARDA IL VIDEO).

Scoprire come tutto questo possa avvenire rende un’emozione indescrivibile.

Erano venti anni che Fazzalari era ricercato. In tanti hanno provato a mettersi sulle sue tracce. Fino al blitz a cui hanno partecipato la Stazione Carabinieri di Taurianova, il Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, i militari del Gruppo Intervento Speciale e dello Squadrone Cacciatori Calabria. Ogni Comando provinciale ha al suo interno una squadra che si occupa della ricerca dei latitanti. Si individua l’obiettivo, si studiano le strategie e partono le indagini. All’interno carabinieri straordinari che non conoscono orari di lavoro, festivi e turnazioni. Basta poco, un semplice segnale, un’intercettazione o una segnalazione per fare scattare pedinamenti, appostamenti e turni massacranti. Chi ha avuto modo di conoscere uno di questi carabinieri ha scoperto persone con un alto senso del dovere. Pronti ad uscire di casa a qualunque ora e anche solo per un semplice dubbio.

LEGGI IL PROFILO DI FAZZALARI

È così che si fiuta il covo del latitante. Ore nascosti tra i boschi, in luoghi di fortuna, appostati con il rischio altissimo di dovere scatenare il putiferio qualora si dovesse essere notati. E’ quello che è successo con Fazzalari, ritrovato in un caseggiato nelle campagne di Molochio, sull’Aspromonte. I boss sono così. Raramente si spostano dal loro feudo. Ma per scovarli occorre tutta la capacità e l’acume investigativo. Così, le scene di giubilo davanti la caserma di Taurianova, descrivono nel migliore dei modi l’ennesimo successo dello Stato contro la ‘ndrangheta. Con quello Stato che ha proprio nelle forze dell’ordine l’avamposto dell’offensiva. Vedere quegli uomini incappucciati, grandi quanto un armadio, forti e duri, così come appaiono, ma emozionati come un bambino che ha conquistato l’obiettivo più importante, è la dimostrazione tangibile del loro attaccamento alla divisa.

Di quel lavoro così difficile e così complesso, ma anche così poco pagato e qualche volta bistrattato, che però sa regalare giornate magiche. Alcuni di loro non tornavano a casa da qualche giorno. Pronti ad intervenire dopo le ultime notizie che avevano fatto sentire l’odore della preda. Non tutti potranno raccontare questo incredibile successo, perché dietro queste operazioni e dietro il loro lavoro c’è anche tanta segretezza e riserbo. Ma dentro ognuno di loro, dietro quegli abbracci e quelle scene di giubilo, c’è la convinzione e la certezza di avere resto questo Paese e questa regione più bella e più sicura. Portando dietro le sbarre uno dei boss più cruenti della mafia. Con sacrificio e duro lavoro, sacrificando la propria famiglia, ma sposando a pieno quella divisa che si indossa con grande orgoglio.

Il tempo per festeggiare, però, è già finito. Ora è tempo di passare al prossimo obiettivo.

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