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La rivelazione: la “cupola” sarebbe nata all’indomani dell’omicidio di Fortugno, a ottobre 2005

REGGIO CALABRIA – Si è avvalso della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Reggio Calabria Domenico Santoro, l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo, al quale ieri è stata notificata in carcere, dove già si trovava, un’ordinanza di custodia cautelare messa nell’ambito dell’inchiesta Mammasantissima (LEGGI).

Scelta diversa per l’ex assessore e consigliere regionale Alberto Sarra che, secondo quanto si è appreso, avrebbe risposto alle domande del gip e del pm Giuseppe Lombardo per 5 ore. La settimana prossima sarà la volta di altri due indagati, Francesco Chirico e Giorgio de Stefano.

Le rivelazioni

La cupola della ‘ndrangheta, l’organismo da cui gli «invisibili» coordinavano e dirigevano tutte le attività dell’organizzazione, è si un’evoluzione raffinata della «Santa» ipotizzata già negli anni ’70 dai principali boss, ma vedrebbe la propria nascita in un periodo temporale preciso: all’indomani dell’omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Fortugno, ucciso in un agguato a Locri il 16 ottobre 2005 in un seggio per le primarie dell’Unione.

A collocare temporalmente «l’esordio» del «direttorio» sono le parole di un boss della fascia ionica, Sebastiano Altomonte, indicato come elemento di spicco della cosca Vadalà e ritenuto legato alla massoneria ed al boss Antonio Pelle, riportante nell’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato alla richiesta d’arresto per il sen. Antonio Caridi (Fi) – per il quale è atteso il pronunciamento della Giunta per le autorizzazioni a procedere – e all’arresto dell’ex deputato del
Psdi Paolo Romeo; dell’avv. Giorgio De Stefano, cugino del capo storico della cosca Paolo; dell’ex assessore e consigliere regionale Alberto Sarra; dell’ex dipendente regionale Francesco Chirico, ritenuto dagli investigatori un elemento di spicco
della cosca De Stefano e cerniera di collegamento tra gli «invisibili» ed i «visibili».

Intercettato alla fine del 2007, Altomonte dice: «C’è la visibile e l’invisibile che è nata da un paio di anni», «in data successiva – evidenzia l’informativa ripresa nell’ordinanza di custodia cautelare – all’omicidio Fortugno». Una struttura con solidi legami con ambienti massonici, visto che Altomonte dice “fratelli tutti visibili ed invisibili che adornate l’oriente». E del connubio criminalità-massoneria parlando diffusamente i collaboratori di giustizia Nino Lo Giudice e Cosimo Virgiglio. Interrogato nel giugno scorso, il primo ha chiaramente detto che la nuova ‘ndrangheta nasce «dalla commistione tra la vecchia struttura criminale di tipo mafioso e la massoneria», dove la vecchia ‘ndrangheta «è incaricata di gestire i rituali e di svolgere una funzione di parafulmine rispetto alla componente più importante e riservata, che attraverso i rapporti con ulteriori apparati massonici gestisce un enorme potere anche in campo politico ed economico».

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Nel suo interrogatorio Lo Giudice – che avrebbe saputo dei rapporti masso-mafiosi dal boss «supremo» Pasquale Condello, in carcere dal 2008 dopo 18 anni di latitanza – ha confermato poi alcuni nomi fatti nel 2013 in un memoriale. Nomi di politici, imprenditori, avvocati, boss e colletti bianchi che sarebbero legati alla massoneria. Nomi in gran parte sovrapponibili a quelli fatti anni fa e confermati in un interrogatorio del giugno scorso da Cosimo Virgiglio, uomo di fiducia di Rocco
Molè, reggente l’omonima cosca fino al suo omicidio avvenuto il primo febbraio 2008. In quella occasione Virgiglio ha confermato anche ciò che di lui aveva detto Lo Giudice. E cioè che lui stesso faceva parte di «una società segreta chiamata massoneria costituita da tre tronconi: una legalizzata di cui facevano parte professionisti di alto livello come giudici, servizi segreti deviati, uomini dello Stato; la seconda da politici, avvocati, commercialisti; la terza da criminali con poteri
decisionali e uomini invisibili».

E grazie proprio alle direttive degli «invisibili» – che la Dda Reggina ritiene di avere individuato – la ‘ndrangheta, a Reggio Calabria, era riuscita a darsi l’immagine di «agenzia sociale, economica» infiltrandosi fino a prenderne il controllo – come confermato da diverse sentenze – delle società miste del Comune ponendosi, scrive il gip nell’ordinanza, «esattamente nei termini di agenzia di collocamento di forza lavoro».

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