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L'arresto di Giuseppe Greco

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REGGIO CALABRIA – Individuati dagli inquirenti gli autori di un omicidio e di due tentati omicidi dalla Direzione distrettuale antimafia che ne ha disposto il fermo eseguito dalla polizia a Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione Kalané che ha coinvolto 80 agenti.

I fermati sono anche accusati di detenzione e porto abusivo di armi da fuoco e ricettazione, aggravati dalla circostanza di aver commesso i fatti per agevolare le attività della ‘ndrangheta ed in particolare della sua articolazione territoriale operante a Calanna. Eseguite anche numerose perquisizioni.

Nel dettaglio sitratta di un tentato omicidio di un pentito e dell’omicidio della persona che era con lui: c’è anche l’agguato compiuto il 3 aprile scorso in cui è stato ucciso Domenico Polimeni, di 48 anni, con precedenti di polizia, e ferito gravemente il collaboratore di giustizia Giuseppe Greco, di 46 (tra i fermati) tra gli episodi contestati alle persone fermate dalla Polizia di Stato a Reggio Calabria. I due erano affacciati ad un balcone dell’abitazione di Greco quando, dalla strada, un sicario giunto a bordo di un’automobile, sparò alcuni colpi di fucile. Secondo le prime indagini della squadra mobile di Reggio Calabria, l’agguato sarebbe stato da ricondurre a fatti recenti e non alla decisione di Giuseppe Greco – figlio del presunto boss dell’omonima ‘ndrina Francesco “Ciccio” Greco morto a Reggio Calabria per cause naturali – di collaborare con la giustizia, decisione che risale ad alcuni anni fa. Le indagini si sono concentrate inoltre su un altro tentato omicidio avvenuto qualche mese prima nei confronti di Antonino Princi (45) anni, ferito il 9 febbraio scorso (LEGGI LA NOTIZIA). Sotto la lente della Dda sono finiti in particolare i movimenti legati alla criminalità organizzata a Calanna, centro del reggino.

Alla base degli omicidi ci sarebbe uno scontro interno alla famiglia Greco di Calanna, in pratica lo stesso Greco, malgrado fosse un collaboratore di giustizia, avrebbe tentato la scalata al clan colpendo il reggente Antonino Princi. Il conflitto all’interno della cosca, secondo la ricostruzione degli investigatori della Polizia di Stato, sarebbe nato per l’affermazione della leadership e il dominio criminale nel piccolo comune. Dagli elementi acquisiti sarebbe emerso che all’interno della famiglia Greco è scaturito un contrasto con l’ascesa al potere criminale di Antonino Princi, il quale, approfittando dell’assenza dalla Calabria di Giuseppe Greco e del periodo di collaborazione con la giustizia che quest’ultimo aveva avviato dopo il suo arresto nell’ambito dell’Operazione «Meta», aveva accentrato su di sé il controllo delle attività illecite nella zona di Calanna e Sambatello, feudo storico ed incontrasto della famiglia Greco, alla quale Princi è legato anche da rapporti di parentela. Secondo l’accusa, quindi, Greco, sentendosi esautorato, avrebbe deciso di eliminare Princi senza però riuscirci e scatenando la reazione della vittima. 

I FERMATI E LA RICOSTRUZIONE

Oltre a Giuseppe Greco, di 46 anni. Gli altri fermati sono Domenico Provenzano (21), ed i fratelli Antonio e Giuseppe Falcone, di 45 e 39 anni. Ricercato, invece, Antonino Princi (45) già irreperibile da alcuni mesi. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Giuseppe Greco – figlio dello storico boss di Calanna don Ciccio Greco – aveva progettato di uccidere Antonino Princi all’uscita dell’impianto di trattamento dei rifiuti nel quartiere Sambatello di Reggio, dove lavorava come operaio. Per attuare il progetto, il 9 febbraio scorso, dopo avere studiato le abitudini della vittima, insieme ad un complice avrebbe messo in atto l’agguato sparando numerosi colpi di fucile e pistola contro l’auto sulla quale viaggiava Princi che riuscì a salvarsi grazie ad una serie di manovre che lo portarono prima a sfondare il cancello dell’impianto dove lavora, quindi a nascondersi in un luogo non conosciuto dai sicari.

Il tentato omicidio, secondo le indagini della squadra mobile reggina, avrebbe innescato la vendetta. E così, la sera del 3 aprile successivo, i fratelli Provenzano, indicati come fidatissimi sodali di Princi, si appostarono sotto l’abitazione dove Greco si era rifugiato e lo ferirono gravemente quando si affacciò al balcone. Nell’occasione fu ucciso Polimeni che aveva dato ospitalità a Greco.

Le indagini della Squadra Mobile si sono basate essenzialmente sui risultati delle intercettazioni telefoniche, ambientali e delle video riprese disposte dalla Dda. 

IL COMMENTO DELLA QUESTURA E DELLA PROCURA

«Con i  4 fermi di oggi abbiamo posto sotto controllo una violenta fibrillazione tra le cosche dominanti nella vallata del Gallico che si contendono il dominio di quel territorio». Lo ha detto il questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi illustrando, insieme al procuratore della Repubblica Federico Cafiero de Raho, i quattro fermi. «Le dinamiche appurate grazie al coordinamento del Procuratore de Raho – ha aggiunto – confermano il tentativo di uccisione del boss Giuseppe Greco da parte dei fratelli Giuseppe e Antonio Falcone, 49 e 36 anni, proprio per ripristinare un ordine mafioso su quel territorio dopo la finta collaborazione del Greco e metterlo fuori gioco per sempre».

«L’attentato a Giuseppe Greco – ha detto de Raho – è la risposta al tentato omicidio di Antonino Princi, cugino di primo grado di Greco, che durante la carcerazione del boss aveva preso in mano le redini della cosca. Uscito di prigione Giuseppe Greco aveva riunito accanto a se alcuni personaggi, come appunto il defunto Polimeni, e un giovane ventunenne, Domenico Provenzano, per riprendere il ruolo di guida del ‘locale’. I contrasti subito sorti con il Princi sfociavano ben presto nel tentativo di eliminarlo da parte di Greco, senza riuscirvi. Princi, che stiamo attivamente ricercando, è partito per raggiungere Genova allontanandosi da Calanna».

Per il capo della Squadra mobile reggina Francesco Rattà, «i fatti di sangue dei mesi scorsi a Calanna e dintorni sono la tipica fase di ‘aggiustamentò interno del locale di ‘ndrangheta. Va da se – ha aggiunto – che le cosche territorialmente più vicine che fanno capo alle ‘famigliè Araniti e Rugolino, hanno comunque interesse a soffocare sul nascere faide e agguati proprio per garantire il silenzio investigativo sugli affari sporchi. Subito dopo il tentativo dello scorso aprile di uccisione di Giuseppe Greco avevamo sottoposto in Questura alla prova stub i fratelli Falcone con esito positivo. Ma non si tratta del solo indizio, poiché sono numerose le intercettazioni ambientali e telefoniche che portano a chiarire i termini dello scontro armato avvenuto tra Giuseppe Greco e i suoi nemici».

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