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Antonio Caridi in Senato

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In quaranta sono stati rinviati a giudizio tra politici, magistrati e un sacerdote

REGGIO CALABRIA  – Il senatore di Gal Antonio Caridi dovrà comparire in aula il 20 aprile prossimo, davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria, per difendersi dall’accusa di avere fatto parte della cupola degli “invisibili” che governa la ‘ndrangheta.

A deciderlo è stato il gup Antonino Laganà che, accogliendo le richieste dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia, ne ha disposto il rinvio a giudizio insieme ad un’altra quarantina di persone, tra le quali spiccano i nomi di altri politici, di un magistrato ed anche un sacerdote. Un processo “storico” dal momento che per la prima volta lo Stato italiano processerà quegli “invisibili” legati ad ambienti massonici, che, secondo l’accusa, avrebbero dettato la linea strategica alle cosche della ‘ndrangheta sin dagli anni ’70 riuscendo anche a coordinare tutte le operazioni criminali in Italia ed all’estero non solo della ‘ndrangheta ma anche delle altre mafie storiche – Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita – definendo le strategie criminali di massimo livello.

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Davanti ai giudici dovranno comparire anche l’ex parlamentare Psdi Paolo Romeo, l’ex sottosegretario della Giunta regionale di centrodestra Alberto Sarra, l’ex rettore del Santuario della Madonna della Montagna di Polsi don Pino Strangio, l’ex presidente della Provincia Giuseppe Raffa, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, la giornalista Teresa Munari, lo psichiatra Rocco Zoccali, l’avv. Antonio Marra, l’ex dirigente del settore Lavori pubblici del comune di Reggio Calabria Marcello Cammera oltre a esponenti della ‘ndrangheta reggina.

Secondo l’accusa, Caridi – detenuto dall’agosto scorso dopo che il Senato ha concesso l’autorizzazione all’arresto – Giorgio De Stefano, cugino del capo storico dell’omonima cosca Paolo ucciso nel 1985 nella guerra di mafia; Romeo, ritenuto l’anima “grigia” di Reggio e già condannato in passato per concorso esterno; Sarra ed il dirigente della Regione Francesco Chirico, indicato come elemento di spicco dei De Stefano, sarebbero stati componenti di quella struttura segreta legata alla massoneria che, ponendosi al vertice della piramide ‘ndranghetista, interagiva sistematicamente e riservatamente con politica, istituzioni, mondo imprenditoriale e bancario e condizionava ogni tipo di elezione nella provincia di Reggio. Una struttura all’interno della quale Caridi, hanno detto i pm, era «partecipe qualificato», fruendo dell’appoggio dei De Stefano «in tutte le elezioni alle quali ha preso parte», operando «in modo stabile, continuativo e consapevole a favore del sistema criminale di tipo mafioso che agevola mediante l’uso deviato del proprio ruolo pubblico».

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In sede di giudizio, l’avv. De Stefano ha deciso di seguire una strada diversa. Infatti sarà processato con il rito abbreviato – l’inizio è fissato per il 29 marzo (LEGGI) – insieme a esponenti del mondo dell’imprenditoria e delle professioni e a ‘ndranghetisti. Al rinvio a giudizio si è giunti dopo anni di indagini e la rilettura, da parte dei magistrati e dei carabinieri del Ros, di migliaia di carte di inchieste passate. Un lavoro compendiato nell’inchiesta Gotha che sintetizza cinque diverse indagini coordinate da Cafiero de Raho, dall’aggiunto Gaetano Paci e dai pm Roberto Di Palma, Giulia Pantano, Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino e Walter Ignazitto, e note con i nomi di “Mammasantissima”, “Sistema Reggio”, “Fata Morgana”, “Reghion” e “Alchimia”. 

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