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Le bombe ritrovate

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REGGIO CALABRIA – Le Volanti della Questura di Reggio Calabria hanno rinvenuto per strada dei borsoni contenenti nove bombe a mano ed armi. E’ accaduto nella tarda serata a cavallo tra mercoledì e giovedì, in via Pio XI, all’altezza della borgata Giardini, sulla rampa d’accesso alla bretella del torrente Calopinace.

Il rinvenimento è frutto di una telefonata anonima al 113, qualcuno ha chiamato la sala operativa della Questura segnalando che alcuni individui erano intenti a disfarsi di sacchi in cellophane. Immediato l’intervento delle Volanti, che hanno individuato due sacchi neri, dentro cui c’erano un fucile mitragliatore Kalashnikov con due caricatori, uno dei quali vuoto, e due fucili a canne mozze cal. 12.

Nell’altro sacco, invece, i poliziotti hanno trovato nove bombe a mano di fabbricazione jugoslava (6 bombe modello MG 50 e altre 3 modello MG 52) e una miccia a lenta combustione di oltre 2 metri. I fucili sono inutilizzabili e non funzionanti. Anche le bombe a mano sono in pessimo stato di conservazione, ricoperte di ruggine e fango. Ciò non le rende meno pericolose, anzi aumenta il rischio di uno scoppio accidentale. Il tritolo in esse contenuto, infatti, non perde le sue micidiali proprietà distruttive.

Le Volanti hanno scongiurato il peggio, cinturando la zona per permettere l’intervento dell’artificiere antisabotaggio del XII Reparto Mobile, che ha rimosso in sicurezza gli ordigni e le armi. Sulla bretella al di sopra della rampa, durante le operazioni dell’artificiere, hanno sostato in sicurezza un’ambulanza del 118 e una squadra dei vigili del fuoco del Comando provinciale, il cui intervento fortunatamente non è stato necessario.

Se l’aria che si respirava a Reggio Calabria era già pesante per i recenti fatti, una sequela di delitti apparentemente slegati tra loro, ma che per coincidenza sono accaduti in un ristretto arco temporale, adesso si sta ammorbando.

La lista si allunga, un uomo entra di notte armato di fucile e spara contro le vetrate di uno dei bar più famosi del lungomare, un postino e un architetto gambizzati, l’incendio alla veranda di un altro bar, l’omicidio di un tabaccaio, ora si aggiunge anche questo episodio che, per molte analogie, fa ripiombare la città al clima pesantissimo della stagione degli attentati alla magistratura, quando nel 2010 esplose la bombola di gas contro il portone degli uffici giudiziari dove ha sede la Procura generale della Repubblica (LEGGI L’ARTICOLO), poi l’esplosione del portone dell’abitazione privata dell’allora procuratore generale Salvatore Di Landro, e poi ancora il rinvenimento di un lanciarazzi usa e getta (il cui razzo era già esploso) su una piazzola delle bretelle del Calopinace, di fronte, in linea d’aria, agli uffici della Procura all’ultimo piano del palazzo del Cedir. Una piazzola, quella del lanciarazzi, distante alcune centinaia di metri dalla rampa dove mercoledì notte sono state rinvenute le nove bombe a mano.

Coincidenze, come la nomina del plenum del Consiglio superiore della Magistratura, che proprio mercoledì all’unanimità ha dato il via libera al nuovo incarico di procuratore aggiunto a Giuseppe Lombardo, uno dei pm più in vista, e più esposti, della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

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