X
<
>

Un sequestro dei carabinieri

Condividi:
2 minuti per la lettura

SAN LUCA (REGGIO CALABRIA) – Beni mobili, immobili e prodotti finanziari per due milioni di euro sono stati sequestrati dai Carabinieri a un imprenditore edile di 44 anni di San Luca, in provincia di Reggio Calabria.

Sulla base della normativa antimafia, è stata applicata la misura nei confronti di Francesco Stipo, soggetto che era già “noto” alle forze dell’ordine per i suoi numerosi precedenti penali.

In particolare Stipo è ritenuto vicino alla ‘ndrangheta e alla cosca Romeo alias “Staccu” operante nella Locride e in tutto il territorio italiano. E’ infatti il genero del defunto Sebastiano Romeo, già ritenuto al vertice della articolazione locale di ‘ndrangheta di San Luca, cognato di Antonio Romeo detto “Avvocaticchio” e cognato di Antonio Pelle, sorvegliato speciale ritenuto affiliato alla cosca Pelle “Gambazza”.

Forte è, inoltre, il legame tra Stipo e il cognato Giuseppe Giorgi detto “U Capra”, elemento di spicco dell’omonima consorteria arrestato lo scorso 2 giugno dai Carabinieri di Reggio Calabria dopo una lunga latitanza (LEGGI LA NOTIZIA CON FOTO E VIDEO).

IL BACIAMANO AL BOSS LATITANTE E LE DICHIARAZIONI DELL’AUTORE

Tra i beni sequestrati stamani vi sono, infatti, anche i 160.000 euro, in banconote di vario taglio, rinvenuti proprio il 2 giugno, durante le operazioni di perquisizione seguite alla cattura del cognato-latitante, presso l’abitazione di Stipo, occultate all’interno di un intercapedine ricavata in una parete. Ma esiste un precedente, già nel 2007 all’interno dello stabile dove risiede l’interessato veniva rinvenuto un “bunker” presumibilmente utilizzato da esponenti della cosca durante la latitanza.

Francesco Stipo, oltre alle parentele con i soggetti appena elencati, vanta un curriculum criminale di rilievo, in particolare è stato arrestato nell’ambito dell’operazione della Dda reggina denominata “Italia che lavora” perché ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso, frode in pubbliche forniture ed illecita ingerenza in appalti pubblici.

Nel 2014, inoltre, è stato condannato alla pena di quattro anni di reclusione poiché ritenuto responsabile di illecita concorrenza con violenza o minaccia aggravata dall’aver agevolato organizzazioni di tipo mafioso e per aver utilizzato il metodo mafioso.

Oltre al denaro e ad una serie di conti correnti, libretti di deposito, titoli, azioni, obbligazioni e quote azionarie riconducibili all’interessato ed al suo nucleo familiare, sono stati sequestrati anche diversi beni mobili e immobili oltre all’impresa edile riconducibile a Stipo. L’uomo è stato, infine, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE