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Il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho

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REGGIO CALABRIA – Gli affari della ‘ndrangheta nella gestione dei rifiuti sono emersi in varie indagini, ma l’operazione “Metauros” contro la cosca Piromalli (LEGGI I PARTICOLARI), segna un punto netto su queste commistioni. 

Lo ha evidenziato anche il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, incontrando i giornalisti: «Questa operazione – ha detto – certifica, per l’ennesima volta, l’interesse economico e di potere sul territorio della ‘ndrangheta nel riciclo dei rifiuti».

«Il termovalorizzatore – ha proseguito de Raho – era di fatto nella disponibilità del “casato” dei Piromalli e dei loro sodali, tra i quali i fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano, imprenditori di riferimento del clan».

I Piromalli avevano anche acquisito il controllo della società Iam (Iniziative ambientali meridionali) che gestisce le acque reflue dei comuni di Anoia, Cinquefrondi, Feroleto della Chiesa, Cittanova, Melicucco, Polistena San Giorgio Morgeto, Taurianova, Laureana di Borrello, Galatro, Gioia Tauro, Rosarno, Palmi, San Ferdinando e Rizziconi, per un bacino di utenza di oltre 150 mila persone.

«Con il sistema della sovrafatturazione – ha detto il Procuratore aggiunto, Gaetano Paci – le persone coinvolte nell’operazione ottenevano, di fatto, il pagamento della tangente, occupandosi anche dello smaltimento dei fanghi di depurazione, provenienti da impianti di tipo biologico e industriale, per la produzione di “compost” per usi agronomici».

Secondo il questore di Reggio Calabria, «il lavoro di indagine sarà ulteriormente approfondito. A me preme però sottolineare – ha detto Grassi – l’efficacia della sinergia, con il coordinamento della Procura distrettuale, con l’Arma dei carabinieri nel contrasto di uno dei reati più pericolosi come l’inquinamento ambientale, su cui la ‘ndrangheta e le mafie in generale puntano molto per ottenere il massimo vantaggio economico, incuranti assolutamente dei pericoli che ne possono derivare per la salute pubblica».

L’inchiesta, é stato riferito nel corso dell’incontro, punta adesso a verificare le quantità di sostanze inquinanti immesse nell’aria dal termovalorizzatore di Gioia Tauro, gestito fino a pochi mesi fa dalla multinazionale francese Veolia. L’attenzione é concentrata, in particolare, sul particolato di diossina, sostanza notoriamente tossica.

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