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Il presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria Roberto Di Bella

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Il presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, Roberto Di Bella, al congresso dei magistrati per i minorenni in corso a Catanzaro

CATANZARO – «Dopo 20 anni di carriera come giudice dei minori mi sono trovato alla sbarra i figli dei ragazzini che avevo giudicato, perché nella provincia di Reggio Calabria le famiglie di ‘ndrangheta mantengono inalterato il loro potere attraverso l’indottrinamento dei propri figli, una spirale perversa che va spezzata».

È quanto ha detto il presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria Roberto Di Bella intervenuto oggi a Catanzaro al 36/mo Congresso nazionale dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia.

Da alcuni anni il magistrato adotta provvedimenti civili di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale per appartenenti ai clan. «Mi hanno chiamato “ladro di bambini” – ha aggiunto Di Bella – ma noi interveniamo con questo strumento quando vi è un concreto pregiudizio all’integrità psichica e fisica dei minori. Al centro del nostro agire c’è soltanto la tutela del minore». Una volta allontanati dalle famiglie i ragazzi vengono affidati ad associazioni, come Libera o l’Unicef, e in alcuni casi anche a famiglie di volontari. Di Bella lo ha definito un “Erasmus della legalità”, in questo modo «cerchiamo di far vedere ai ragazzi un mondo diverso da quello che conoscono dove la violenza non è l’unica risposta e il carcere non è un passaggio professionale obbligato».

Il presidente del tribunale reggino ha parlato anche degli «straordinari risultati» raggiunti in questi anni: «La maggior parte dei ragazzi, dopo questo difficile percorso, ha ripreso gli studi, ha iniziato a svolgere lavori socialmente utili o, in alcuni casi, a collaborare con le associazioni». Di Bella ha poi voluto sottolineare il ruolo delle madri di questi «bimbi di ‘ndrangheta». «Sono donne disperate – ha spiegato – segnate da lutti e carcerazioni, il nostro tribunale per loro è divenuto un’ultima spiaggia, l’unica speranza di poter salvare i propri figli da un destino segnato».

L’esperienza di Di Bella è stata ripresa anche dal presidente del tribunale di minori di Napoli, Patrizia Esposito, che si è trovata ad affrontare «ragazzini con condotte violente oltre ogni limite». Il magistrato ha spiegato l’ascesa delle cosiddette «paranze dei bambini», bande di giovanissimi che hanno colmato il vuoto lasciato da alcuni clan dopo gli arresti, con brutalità e violenze quotidiane. «Sono ragazzi – ha spiegato – che provengono da famiglie sventrate con figure femminili sinistre che spesso, durante i periodi detentivi dei loro mariti, diventano boss».

A Catania il presidente del Tribunale, Emma Seminara, ha incontrato bambini di dieci anni che «non sapevano scrivere, che non avevano mai festeggiato un compleanno e che avevano ricevuto un regalo dai familiari solo per festeggiare il primo scippo. Davanti a queste situazioni non si può non intervenire per difendere l’integrità fisica e psichica del minore».

In chiusura dei lavori l’avvocato generale dello Stato Beniamino Calabrese e il presidente del Tribunale dei minori di Catanzaro Luciano Trovato hanno annunciato la volontà della Regione Calabria – era presente il presidente della Commissione regionale antimafia Arturo Bova – di approvare una legge che preveda risorse per realizzare veri e propri pool educativi antimafia che seguano i minori nei percorsi decisi dai tribunali calabresi.

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