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La conferenza stampa per l'operazione

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REGGIO CALABRIA – Le cosche della ‘ndrangheta di San Luca avevano messo radici ben salde in Valle d’Aosta, al punto da essere riusciti ad inserirsi sia nel tessuto economico sia nei rapporti con la politica (LEGGI I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE). L’arresto del consigliere regionale Marco Sorbara non è l’unico elemento che unisce la cosca Nirta-Scalzone con la politica. Dall’ordinanza del Gip emerge, infatti, che «vi sono altri esponenti, come Andrea Paron (assessore comunale di Aosta dell’Union Valdotaine ndr), Valerio Lancerotto (ex assessore e attuale consigliere comunale di Aosta) e Ego Perron (ex assessore regionale alle finanze ndr), che hanno mantenuto legami con il sodalizio, così contribuendo a dimostrare la capacità del medesimo nell’intrecciare rapporti con esponenti politici ed istituzionali di primo piano della realtà valdostana, in prospettiva della configurabilità del reato di associazione mafiosa per cui si procede».

Lo scrive nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere il giudice per le indagini preliminari Silvia Salvadori, anche se i tre esponenti politici non risultano indagati.

Il consigliere comunale in Calabria

Durante un colloquio del gennaio 2016 tra un artigiano valdostano e Marco Di Donato, presunto capo della locale di ‘ndrangheta di Aosta, inoltre, «emerge che» il consigliere comunale di Aosta Nicola Prettico «si era recato in Calabria, a San Luca, per partecipare ad una riunione di ‘ndrangheta» con un volo Torino-Lamezia Terme. Lo scrive il gip di Torino Silvia Salvadori nell’ordinanza dell’operazione Geenna.

«L’espressione che utilizza» Marco Di Donato «per riferire questo accadimento è inequivocabile: egli, infatti, afferma che Prettico gli avrebbe detto la frase ‘eh adesso che c’è l’incontro con la società’, poco prima di partire». E «il termine società o onorata società è una delle modalità con cui viene indicata la ‘ndrangheta».

Dal «dialogo emerge che Prettico abbia informato Di Donato Marco Fabrizio prima di partire e che avesse intenzione di incontrare uno dei fratelli Nirta (‘volevo andare a trovare tuo cuginò)». «Questo (Prettico, ndr) è un coglione pericoloso ma per lui ehi Per lui…poi mi viene a dire a me (abbassa molto la voce) ‘eh adesso che c’è l’incontro con la società’…e tu vai in Calabria con l’aereo?», dice Di Donato all’artigiano.

«Un locale per il riciclaggio e tu vai a mangiare e bere in Calabria ma sei scemo? Con l’I phone? Con l’I Phone?», aggiunge in seguito il suo interlocutore. Dall’intercettazione emerge che i due «siano perfettamente a conoscenza delle regole di prudenza che ogni appartenente alla ‘ndrangheta deve osservare».

Guerra di mafia per una lite tra ragazzi

Tra gli elementi emersi dall’ordinanza, c’è anche il fatto che si è sfiorata una “guerra” tra famiglie calabresi che vivono in Valle d’Aosta dopo una lite scoppiata tra due ragazzi. E’ accaduto nel giugno-luglio 2015, quando c’era stata una collutazione tra il nipote di Antonio Raso e il figlio di Salvatore Filice, con quest’ultimo che aveva riportato contusioni guaribili in 6 giorni.

«La vicenda rileva in quanto dimostrativa di dinamiche interne alle due fazioni tipiche della ‘ndrangheta – si legge nell’ordinanza – in cui un mero litigio tra ragazzi provoca reciproche pretese di rispettabilità tali da muovere la stessa locale di San Luca al fine di comporre gli attriti. In particolare, emerge la valenza dei Nirta di San Luca quali referenti per salvaguardare l’onore famigliare». In dettaglio Salvatore Filice (gestore di un night club a Chatillon) aveva chiesto 10.000 euro ai parenti di Raso a titolo di ‘risarcimentò, arrivando anche a minacciare gli zii del ragazzo con una pistola.

Gli stessi zii si erano quindi rivolti ad Antonio Raso per risolvere la questione. «…ha fatto un cazzo di casino qua che siamo dovuti andare ad aggiustare le cose…’ dice Raso in un’intercettazione. Della vicenda sono stati informati anche i referenti calabresi – si legge – sia della compagine ‘ndranghetista aostana, sia di Salvatore Filice e si sono mossi personaggi influenti che hanno rispettato le regole della consorteria mafiosa».

Dopo vari incontri non andati a buon fine, con il coinvolgimento anche di Marco Di Donato («…io l’ho fatto per la famiglia mia…» è riportato in un’intercettazione), la questione era stata risolta al termine di una riunione «tesissima» in un pub di Sarre. 

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