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REGGIO CALABRIA – Nuovo colpo della Polizia di Stato agli interessi criminali della ‘ndrangheta colpiti con l’aggressione dei loro patrimoni i principali esponenti della potente cosca “Crea”, operante nella piana di Gioia Tauro.

È stata, infatti, data esecuzione a un provvedimento di confisca beni per un valore di 6 milioni di euro emesso dal Tribunale – Sezione Misure di prevenzione, su proposta del Questore di Reggio Calabria, effettuata sulla scorta delle indagini di natura patrimoniale condotte dalla locale Divisione Anticrimine. L’attività in questione rappresenta l’evoluzione delle indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina (Operazione “Deus”), che nel giugno 2014 portò all’arresto di 16 persone per i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni e truffe alla Comunità Europea (LEGGI LA NOTIZIA).

Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, oltre a Teodoro Crea, capo storico della famiglia, e buona parte del suo nucleo familiare, risultarono anche altri esponenti di spicco della ‘ndrina, quali Antonio Crea detto “u Malandrinu” e Domenico Crea detto “Scarpa Lucida”, legati da vincoli di parentela con il capo dell’organizzazione criminale, e tre ex amministratori pubblici del Comune di Rizziconi. In particolare, le indagini hanno evidenziato l’assoluta egemonia della cosca Crea sul territorio come una vera e propria “signoria”, sia nell’esercizio delle tradizionali attività criminali che nel totale condizionamento della vita pubblica, tanto da determinare, nel 2011, lo scioglimento del Consiglio Comunale di Rizziconi.

Inoltre, nel corso delle indagini, è emerso che Giuseppe Crea, nonostante fosse latitante dal 2006, attestava falsamente di essere un imprenditore agricolo, procurandosi così un ingiusto profitto, consistito nell’indebita erogazione da parte dell’Agea dei contributi comunitari relativi Piano di Sviluppo Rurale per oltre 180 mila euro. Analogo reato è stato contestato al padre Teodoro Crea, alla madre Clementina Burzì e alla sorella Marinella, per contributi pari a quasi 50 mila euro. Il provvedimento di sequestro ha interessato svariati beni riconducibili a Teodoro Crea, boss indiscusso dell’omonima cosca, in atto sottoposto al regime del 41 bis, alla moglie, Clementina Burzì, alla figlia Marinella e al di lei marito, Francesco Barone.

Le indagini patrimoniali hanno dimostrato che i soggetti, in virtù della loro appartenenza al clan mafioso, erano riusciti, con il profitto derivante dalla gestione delle attività illecite e avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, ad accumulare un ingente capitale, sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, che reinvestivano nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, intestati, al fine di eludere la normativa antimafia, ai propri familiari o a soggetti terzi.

I beni sequestrati sono:

  • un edifìcio di pregio, composto da tre appartamenti e 2 locali uso deposito/garage;
  • villa di pregio; unità immobiliare composta da due abitazioni e un locale uso deposito;
  • immobile in corso di costruzione; unità immobiliare composta da tre appartamenti e un locale destinato all’esercizio di attività commerciale;
  • un appartamento; unità immobiliare composta da due stabili adibiti, rispettivamente, a caseifìcio e abitazione;
  • 6 fabbricati adibiti a stalle;
  • 18 terreni;
  • Impresa agricola individuale ”Burzì Clementina” con sede in Rizziconi (RC);
  • titoli Agea emessi a favore di Marinella Crea. 
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