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REGGIO CALABRIA – Sono passati già diversi mesi da quando il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, imputato assieme a Rocco Santo Filippone nel processo “Ndrangheta stragista”, ha dato la sua disponibilità all’esame del pm, il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo. Unica “condizione” posta è quella di potere riascoltare quelle intercettazioni che lo hanno visto protagonista di un dialogo con il camorrista Umberto Adinolfi, durante il passaggio nel carcere di Ascoli Piceno, in cui parlava anche degli anni delle stragi, della sua latitanza, del suo arresto, delle modalità di concepimento del figlio e non mancava anche un riferimento a Silvio Berlusconi. Atti che furono depositati al processo trattativa Stato-mafia, trasmessi anche a Caltanissetta, a Firenze (che ha riaperto le indagini sui mandanti esterni delle stragi) e a Reggio Calabria che ha depositato quelle parti in cui si fa anche riferimento alla Calabria. Per il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, che ha coordinato l’inchiesta, Graviano, insieme al boss calabrese Rocco Filippone è il mandante degli attentati contro i carabinieri, costati la morte ai brigadieri Fava e Garofalo e gravi ferite ad altri quattro militari, con cui la ‘ndrangheta ha partecipato alla stagione degli attentati continentali fra il ’93 e il ’94.

Nuova scena muta, quindi, sul contenuto delle intercettazioni di 4 anni fa. Il boss, collegato in videoconferenza, chiede di poterle ascoltare le intercettazioni con Adinolfi. Già la volta scorsa il Pm Giuseppe Lombardo aveva chiesto al carcere di Terni di occuparsi del computer per permettere l’ascolto. Ma ad arrivare sarebbe stato solo un vecchio lettore cd. Oggi il pm ha criticato il carcere: “Graviano sta chiedendo un computer su cui potere ascoltare quelle conversazioni, non si può fare alla presenza della guardia penitenziaria? A me sembra paradossale. E’ mai possibile che non ci sia un computer nel carcere…”‘. E la Presidente della Corte: “Significherebbe rinviare ancora in attesa dell’ascolto delle conversazioni…”. Il pm ha detto: “Io sono pronto a fare l’esame ma non voglio che su determinate domande si possa dire “non rispondo perché non ricordo perché non ho ascoltato” e ha poco senso. Hanno comprato un apparecchietto vecchio di anni, in carcere ci saranno decine di computer e in due mesi non è stato fatto”. (

Duro anche il legale di Graviano, l’avvocato Giuseppe Aloisio: “Il mio assistito non intende procedere all’esame in queste condizioni, se ci ha ripensato non lo so perché non può ricordare il contenuto di conversazioni che risalgono al 2016”. E la Presidente: “Possiamo proseguire l’esame su altri argomenti che non riguardano le conversazioni e cercare di risolvere entro la prossima settimana questo problema consultando la direzione del carcere”.

Alla fine Graviano ha detto di essere disponibile a rispondere alle domande del pm, ma con riserva sulle domande che riguardano le intercettazioni con Adinolfi. “Con Berlusconi cenavamo anche insieme. E’ accaduto a Milano tre in un appartamento – ha detto – tramite mio cugino Salvo avevamo un rapporto bellissimo. Però Berlusconi fu un traditore, perché quando si parlò della riforma del Codice penale e si parlava di abolizione dell’ergastolo mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose. Un avvocato di Forza Italia mi disse che stavano cambiando il Codice penale – dice ancora Graviano – e che doveva darmi brutte notizie. Perché in Parlamento avevano avuto indicazioni da Berlusconi di non inserire quelli coinvolti nelle stragi. Lì ho avuto la conferma che era finito tutto. Mio io cugino Salvo era morto nel frattempo per un tumore al cervello. E nella riforma del Codice penale non saremmo stati inseriti tra i destinatari dell’abolizione dell’ergastolo. Questo mi portò a dire che Berlusconi era un traditore”.

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