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REGGIO CALABRIA – La Corte d’appello di Reggio Calabria, su richiesta degli avvocati Guido Contestabile e Angelo Sorace, ha concesso gli arresti domiciliari per motivi di salute al presunto boss della ‘ndrangheta di Melicucco, centro della Piana di Gioia Tauro, Rocco Santo Filippone, 72 anni.

Filippone, uomo di fiducia del clan Piromalli, è imputato in Corte d’Assise nel processo «’Ndrangheta stragista», con l’ex capo mandamento di Brancaccio di Palermo Giuseppe Graviano, a seguito di una indagine sui rapporti ‘Ndrangheta-Cosa Nostrà nella strategia stragista dei primi anni ’90 coordinata dal procuratore aggiunto della Dda reggina Giuseppe Lombardo. Il provvedimento, che sarà in vigore fino al persistere dell’emergenza da Coronavirus – fanno sapere i legali – si è reso necessario per le “condizioni particolarmente a rischio” del loro assistito che risulta affetto da patologie cardio-vascolari gravi, come attestato anche dai sanitari del carcere torinese delle “Vallette” dove Filippone era ristretto.

Rocco Santo Filippone, che gli inquirenti della Procura distrettuale di Reggio Calabria individuano «come l’ambasciatore per gli affari riservati» della cosca Piromalli, e soprannominato «il monaco» per la sua riservatezza, è chiamato a rispondere di associazione mafiosa e di avere coordinato il duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo il 18 gennaio del 1994 nei pressi dello svicolo autostradale di Scilla, nel quadro più generale del tentativo di disarticolare lo Stato. Il duplice omicidio, secondo la testimonianza del collaboratore di giustizia Consolato Villani, fu eseguito da Giuseppe Calabrò, nipote di Filippone, conosciuto nella ‘ndrangheta come killer spietato e temuto per la sua propensione a compiere azioni delittuose di particolare gravità.

Rocco Santo Filippone è stato assegnato agli arresti domiciliari presso l’abitazione del figlio, a Rivoli, in provincia di Torino.

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