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REGGIO CALABRIA – Un maxi sequestro è stato messo a segno dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, in relazione all’ingente patrimonio, costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riconducibile a due noti imprenditori operanti nel settore della fabbricazione e distribuzione di conglomerati bituminosi e del calcestruzzo.

Si tratta di un patrimonio complessivo di beni per 212 milioni di euro sequestrati in applicazione della misura di prevenzione del sequestro.

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I due imprenditori destinatari del provvedimento di sequestro, la cui attività riguarda il settore della fabbricazione e della distribuzione di conglomerati bituminosi e del calcestruzzo, sono Domenico Gallo, di 62 anni, di Bovalino, e Gianluca Scali, di 46 anni, di Roccella Jonica.

I provvedimenti eseguiti sono due distinti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale diretta dalla Presidente Ornella Pastore, su richiesta del Procuratore Aggiunto Calogero Gaetano Paci e del Sostituto Procuratore Gianluca Gelso, con i quali è stata disposta l’applicazione della misura di prevenzione del sequestro.

I provvedimenti fanno seguito al sequestro disposto in relazione al patrimonio riconducibile a Giuseppe Bagalà cl. ’57, Francesco Bagalà cl. 90, Luigi Bagalà cl. ’46 e Francesco Bagalà cl. ’77, «gruppo imprenditoriale della Piana – spiega la finanza – operante nel settore degli appalti pubblici, costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, stimato in circa 115 milioni di euro, anche questo illecitamente ottenuto grazie alla vicinanza ed alla contiguità alla cosca di ‘ndrangheta dei “Piromalli” (LEGGI LA NOTIZIA DEL SEQUESTRO)».

I provvedimenti in questione «prendono le mosse dall’operazione denominata “Cumbertazione” (LEGGI) condotta dal Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria, conclusasi nel 2017 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 27 persone, indagate, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere semplice aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, nonché di provvedimenti cautelari reali su 44 imprese, per un valore complessivo pari a 224 milioni di euro».

Proprio in relazione all’operazione Cumbertazione Gallo e Scali sono imputati per il delitto di associazione mafiosa, «era stato accertato – prosegue la Finanza – che gli imprenditori Scali e Gallo, operando in sinergia e attraverso le imprese a loro riconducibili, erano risultati in grado di controllare le commesse per le forniture di calcestruzzo e di conglomerati bituminosi imponendo le proprie forniture anche per la realizzazione di lavori facenti capo al predetto gruppo imprenditoriale dei “Bagalà”, con i quali erano in affari da anni».

Inoltre, «analizzando le figure dei imprenditori, si rileva come Scali, già Sorvegliato Speciale di P.S. e ritenuto contiguo alla cosca “Ursino” di Gioiosa Jonica, quale dominus dell’impresa fittiziamente intestata alla madre Lina Ursino, sia stato raggiunto anche da un provvedimento cautelare, successivamente revocato dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, emesso nell’ambito dell’operazione “Mandamento Jonico”, condotta nel 2017 dall’Arma dei Carabinieri nei principali centri della Locride, conclusasi con l’esecuzione di numerosi provvedimenti restrittivi».

Le vicende giudiziarie che interessano l’imprenditore Domenico Gallo, invece, «hanno inizio con la condanna, divenuta definitiva nel 2005, per ben 27 delitti di truffa commessi fra il 1985 e il 1991 e per due ipotesi di turbata libertà degli incanti al fine di aggiudicarsi in modo illecito appalti pubblici per la realizzazione di opere nel comprensorio di Bovalino. Il medesimo, inoltre, è stato coinvolto in diverse recenti inchieste giudiziarie (“Cumbertazione”, “Martingala”)».

In tale contesto, «Domenico Gallo è stato ritenuto gravemente indiziato unitamente  di plurime condotte di intestazioni fittizie di società, al fine di agevolare la commissione dei reati di riciclaggio e reimpiego dei proventi di attività delittuosa, nonché di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale». Inoltre, «Gallo è risultato coinvolto nelle ulteriori indagini pendenti presso altre Procure della Repubblica ed è «imputato per i reati di frode nelle pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti e truffa ai danni di enti pubblici nell’ambito dell’esecuzione di un contratto di subfornitura di conglomerato bituminoso, relativo ai lavori di ammodernamento del tratto Mileto–Rosarno dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria; è gravemente indiziato di essere stato promotore e organizzatore di un’associazione per delinquere costituita allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione finalizzati a consentire l’acquisizione, anche in capo a società al medesimo riconducibili, di commesse per la realizzazione di grandi opere pubbliche (tra cui il VI lotto della Salerno – Reggio Calabria e l’Alta Velocità Milano-Genova), attraverso numerosi episodi corruttivi».

La procura e la Finanza, dopo aver delineato il profilo di pericolosità sociale dei proposti, ha indagato sul patrimonio costituito «dal 1979 alla data odierna, accertando la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale per entrambi i proposti; il ruolo di imprenditore “mafioso” rivestito nel tempo da Gianluca Scali, per conto della cosca di riferimento e la conseguente “mafiosità” dell’impresa individuale “Lina Ursini”, da questi gestita, in relazione al “metodo” con il quale la stessa impresa ha inquinato il relativo settore di mercato alterandone la concorrenza; l’utilizzo da parte di Domenico Gallo di una serie di società direttamente o indirettamente a questi riconducibili, o comunque nella sua disponibilità, attraverso le quali ha illecitamente operato in diversi contesti territoriali sia provinciali sia nazionali, nonché individuando, attraverso una complessa e articolata attività di accertamento e riscontro documentale, i patrimoni dei quali gli stessi risultavano disporre, direttamente o indirettamente, il cui valore era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi, nonché le fonti illecite dalle quali i proposti avevano tratto le risorse per la loro acquisizione».

Al temine dell’indagine i Finanzieri hanno sequestrato «14 imprese commerciali (compresi rapporti bancari, partecipazioni, 69 immobili e 36 veicoli), quote societarie, immobili (fabbricati e terreni, tra cui una villa di pregio), beni di lusso (12 orologi di noti marchi), rapporti finanziari e assicurativi, nonché disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in circa 212 milioni di euro».

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