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REGGIO CALABRIA – Nove persone sono finite in carcere e una ai domiciliari al termine dell’ operazione “Cemetery boss” condotta dalla polizia e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. I destinatari sono presunti affiliati alle cosche Rosmini e Zindato e sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa.

LEGGI I NOMI DEGLI ARRESTATI

L’inchiesta, supportata dalle dichiarazioni dei testimoni di giustizia, ha consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche criminali delle due cosche, la Rosmini (federata alla più affermata cosca Serraino) operante nei quartieri Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra, e la Zindato, attiva nello stesso territorio, in seno al cartello Borghetto – Zindato – Caridi, federato alla potente cosca Libri. Sia la cosca Rosmini che quella Zindato avevano preso parte alla cosiddetta “seconda guerra di mafia” che aveva insanguinato la città nel periodo dal 1985 al 1991.

Scoperti gli interessi del clan Rosmini nell’edilizia, in particolare sui lavori all’interno del cimitero di Modena dove gestiva, in condizioni di monopolio, le attività relative alla tumulazione e estumulazione delle salme, all’edificazione e ristrutturazione delle cappelle funerarie, con l’esclusione di qualsiasi altra ditta che non fosse da loro autorizzata. In carcere sono finiti alcuni elementi di vertice e componenti della cosca Rosmini (Giordano Francesco, Alampi Nicola, Crisalli Salvatore Claudio inteso “Peppe”) e Zindato (Missineo Demetrio, Richichi Rocco), nonché il dirigente responsabile dei servizi cimiteriali del Comune di Reggio Calabria Carmelo Manglaviti, ritenuto responsabile di aver favorito la cosca Rosmini nei processi di imposizione del monopolio sui lavori edili all’interno del cimitero di Modena, assurgendo ad uomo chiave nello scacchiere del sodalizio criminale.

Il funzionario comunale è accusato di aver permesso al referente imprenditoriale della cosca Francesco Giordano e agli altri sodali Salvatore Claudio Crisalli inteso “Peppe” e Massimo Costante di operare indisturbati – senza essere titolari di alcuna ditta – nella realizzazione di ogni lavoro edile all’interno del cimitero di Modena, consegnando sostanzialmente agli uomini della cosca Rosmini l’intero plesso cimiteriale, mettendo a loro disposizione i suoi sottoposti e la sede degli uffici comunali, all’interno del cimitero, che di fatto era diventata la base amministrativa degli uomini dei Rosmini (Francesco Giordano e Salvatore Claudio Crisalli) dove, questi ultimi, in diverse occasioni, ricevevano clienti, stipulavano accordi, formalizzavano vendite con i privati cittadini che richiedevano interventi edili all’interno della struttura cimiteriale.

LEGGI I RUOLI DI TUTTE LE PERSONE ARRESTATE ALL’INTERNO DEL CLAN

I SEQUESTRI

Infine, l’inchiesta ha dimostrato che alcuni soggetti, consapevoli di potere essere destinatari di provvedimenti di custodia cautelare o di misure di prevenzione personale e patrimoniale, hanno appositamente posto in essere un’accurata attività di fittizia attribuzione della titolarità di attività imprenditoriali al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in tema di sequestro e confisca di beni. Si tratta di:

  1. Impresa individuale “Nicolò Rosaria” di Reggio Calabria, intestata a Rosaria Nicolò titolare dell’impresa di pulizie “Starbrill” e del “Valery Bar” a Reggio Calabria;
  2. Impresa individuale “Sette Veli di Mirella Patrizia Crisalli”, sedente a Reggio Calabria, di fatto di proprietà di Natale Crisalli.
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