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Le perquisizioni dopo l'arresto del latitante Romeo

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PALMI (REGGIO CALABRIA) – Cinque persone sono state arrestate con l’accusa di essere i favoreggiatori della latitanza di Domenico Romeo, 41 anni, catturato lo scorso anno a Sant’Eufemia di Aspromonte.

L’operazione è scattata oggi ed è stata portata a termine dai carabinieri della Compagnia di Palmi, supportati nelle fasi esecutive da personale dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria”. Il Gip del tribunale di Reggio Calabria ha emesso, su richiesta della Procura di Reggio Calabria, due ordinanze di custodia cautelare in carcere e tre ai domiciliari, nei confronti di Biagio Versaci, 47 anni; della moglie Maria Francesca Cammaroto, 40; dei fratelli Antonio e Francesco Alvaro, rispettivamente di 22 e 23 anni; della cugina Domenica Alvaro, 33, ritenuti i favoreggiatori del latitante catturato il 2 febbraio 2020 dai carabinieri della Compagnia di Palmi poiché ricercato dal luglio 2019 a seguito dell’emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte della Dda di Genova per traffico internazionale di stupefacenti aggravato dalle finalità mafiose nell’ambito dell’indagine “Buon vento genovese” della Guardia di Finanza del capoluogo ligure.

L’indagine, coordinata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal pm Giulia Pantano, ha consentito di scoperchiare l’articolato ed organizzato sistema messo a punto dagli arrestati per favorire la latitanza di Romeo, garantendogli diversi incontri con i suoi familiari, in particolare la moglie Angela Lirosi e il figlioletto di soli 17 mesi, oltre che con i suoi genitori, che venivano trasportati attraverso movimenti e trasbordi da un’autovettura all’altra e condotti sino al covo del fuggiasco.

In questo modo, i cinque avrebbero consentito all’uomo di avere contatti e rapporti con i suoi prossimi congiunti senza esporsi e senza ostentare la propria persona, messa così al riparo dalle ricerche in corso. L’aiuto al latitante è stato garantito anche attraverso la messa a sua disposizione di un immobile nella esclusiva disponibilità degli Alvaro e di proprietà di Domenica Alvaro, nonché attraverso le garanzie di telefoni cellulari dedicati al contatto di Romeo con i suoi familiari.

Il meccanismo escogitato, semplice e sofisticato nel contempo, prevedeva numerosi cambi di vettura, effettuati in punti strategici e poco controllabili dalle forze dell’ordine, per mezzo dei quali i parenti venivano trasportati sino al covo del latitante, senza il ricorso ad alcuna comunicazione telefonica.

Nel corso delle indagini è stato fotografato passo passo il sistema di favoreggiamento della latitanza di Romeo alimentato e gestito con continua e meticolosa organizzazione dai coniugi Versaci e Cammaroto e dai fratelli Alvaro, figli di Vincenzo, condannato nel procedimento “Santa Fè” nonché fratello di Antonio, coindagato di Romeo nel procedimento penale “Buon vento genovese”.

In particolare, ai fratelli Antonino e Francesco Alvaro, destinatari della misura della custodia cautelare in carcere in ragione della maggiore gravità delle condotte, nonostante fossero considerati dai coindagati come “ragazzini”, Romeo si era materialmente affidato in ragione della loro fedeltà alla cosca Alvaro, dimostrata in più circostanze durante l’attività d’indagine.

Domenica Alvaro, che non ha esitato a mettere a disposizione della “famiglia” un immobile in favore del pericoloso latitante, è stata invece destinataria della misura cautelare degli arresti domiciliari.

I domiciliari sono stati applicati anche nei confronti dei coniugi Versaci, che hanno reiteratamente, con dedizione assoluta e massima disponibilità, garantito non solo tutti gli spostamenti dei familiari di Romeo nel suo covo, ma anche custodito un prezioso cellulare attraverso il quale i familiari, e probabilmente non solo, intrattenevano colloqui riservati e segreti col fuggiasco.

La cosca Alvaro si conferma così non solo estremamente pericolosa, come testimoniato dai molteplici processi, tra cui da ultimo “Iris” ed “Eyphemos” nei quali sono state emesse diverse decine di ordinanze custodiali che hanno decapitato la struttura di ‘ndrangheta, ma anche assai esperta nella gestione dei latitanti.

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