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Roberto Lo Giudice e Barbara Corvi

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REGGIO CALABRIA – Angela Costantino e Barbara Corvi, sposate con i fratelli Pietro e Roberto Lo Giudice, figli del boss Giuseppe, considerato uno dei principali protagonisti della guerra di mafia di Reggio Calabria negli anni ’80 e ’90, e ucciso nel corso di una faida il 14 giugno del 1990 ad Acilia, in provincia di Roma, dov’era in regime di soggiorno obbligato, si sarebbero allontanate volontariamente dalle loro famiglie.

È quanto ha affermato il figlio di Angela Costantino, Giuseppe, nel corso di un’intervista rilasciata alla trasmissione “Chi l’ha visto” su Rai tre.

Le due donne scomparse all’improvviso, la prima da Reggio Calabria il 16 marzo del 1994 e la seconda il 27 ottobre del 2009 da Montecampano di Amelia, in provincia di Terni, sarebbero state, forse, colpevoli di aver avuto delle relazioni extraconiugali.

La verità su Angela, dopo un paio di archiviazioni giudiziarie, riaffiorò diciotto anni dopo quando suo cognato Maurizio Lo Giudice decise di collaborare con la giustizia e offrì la verità sulla sua fine come elemento di credibilità presso i magistrati.

Altri pentiti parleranno di Angela e della sua tragica fine decisa all’interno della famiglia per salvare l’onore di Pietro Lo Giudice. Il giudice Carlo Alberto Indellicati avvalorando l’impianto accusatorio del pubblico ministero Sara Ombra, condannò a trent’anni di reclusione ciascuno, Bruno Stilo e Fortunato Pennestrì, ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore materiale dell’omicidio di Angela Costantino.

Sentenza confermata anche in appello. Il giovane con il quale Angela aveva avuto una relazione, scomparve qualche giorno dopo il suo sequestro e anche di lui non si ebbero più notizie. Ma nonostante le condanne, il figlio di Angela si dichiara ancora fermamente convinto della loro innocenza perché uno è suo cugino e l’altro lo conosce così bene da considerarli estranei ai fatti.

Dopo dodici anni dalla sparizione di Barbara Corvi, il marito Roberto Lo Giudice è stato arrestato il 30 marzo scorso. Su di lui gravano i sospetti di aver ucciso volontariamente la moglie e di averne occultato il cadavere ma Il tribunale del Riesame di Perugia ha accolto le richieste della difesa di Roberto Lo Giudice, e ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

“Lunedì presenterò un ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Riesame di Perugia perché, lo dico liberamente, non ne ho condiviso né l’impostazione e né il metodo – afferma Alberto Liguori, il procuratore capo di Terni -. Davanti a un’ordinanza tombale, così assertiva, non posso che riportami alla suprema corte per capire se la lettura degli atti è errata e se le motivazioni addotte sono logiche, contraddittorie o cos’altro. A me serve trovare conferme sul nostro operato e se abbiamo preso un abbaglio, chiudiamo. Ma, se come sono convinto l’abbaglio non lo abbiamo preso, andremo avanti per la nostra strada”.

Anche l’Osservatorio regionale sulle infiltrazioni mafiose e l’illegalità in Umbria, a pochi giorni dal compleanno di Barbara Corvi, ribadisce l’importanza di continuare a lavorare per la verità sulla scomparsa della giovane donna di Amelia.

“Prendendo atto di quanto emerso dalle ultime vicende procedurali e giudiziarie – si legge in un comunicato – l’Osservatorio rinnova l’impegno ad affiancare la famiglia Corvi nel drammatico percorso che sta vivendo, ribadendo con forza che l’unica vittima di questa storia è Barbara e che non sono conciliabili costruzioni mediatiche atte a veicolare altri significati. E in coerenza con quanto approvato fin dalla prima seduta, intende portare avanti gli impegni presi valorizzando e affiancando le realtà che da sempre, ad Amelia e in tutta la regione, non hanno mai smesso di chiedere la verità e di fare memoria. Nel prendere atto di quanto recentemente affermato, l’Osservatorio ribadisce che le analisi delle vicende devono tener conto degli aspetti legati alle dimensioni storiche e contestuali dei protagonisti, con particolare attenzione alle dinamiche di potere riconducibili a una certa matrice maschilista di tipo ‘ndranghetista. A tutto ciò l’Osservatorio risponde con proposte legate all’accompagnamento e al supporto delle donne che si trovano in situazioni di violenza di questo tipo, proposte che da qui a breve prenderanno forma in atti concreti e innovativi. Proposte che porteranno il nome di Barbara Corvi, così come avverrà per le attività in programma al fine di sostenere l’operato degli organi investigativi e la Procura di Terni. La complessità della vicenda, legata anche al tema dei collaboratori di giustizia, impone cautela ma molta attenzione, per questo l’Osservatorio si appella anche a coloro che all’interno dell’organizzazione ‘ndranghetista, vogliano contribuire a una scelta di umanità e di riscatto, raccontando la verità sulla scomparsa di Barbara. L’Osservatorio continuerà a lavorare in questa direzione, senza cedere di un passo fino a quando non verrà ricostruita la verità”.

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