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Il corridoio del reparto Covid di Gioia Tauro

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GIOIA TAURO – Nell’ospedale di Gioia Tauro, la vera zona di combattimento è al primo piano, nell’area Covid-19. Una zona che si raggiunge dopo aver varcato una grande porta con vetri: poi si entra in un corridoio profondo e sulla destra c’è la prima camera che è diventata uno spogliatoio dove medici, infermieri e Oss, indossano le tute anticontaminazione, i guanti, (quattro paia), gli occhiali, la visiera, i copricapo e i calzari. Sembra un piccolo accampamento. Senza i dispositivi di sicurezza non si può andare oltre anche se non c’è un cartello che indichi l’area Covid-19 come la zona più rischiosa dell’ospedale di Gioia Tauro o quella separata dal resto del mondo, eppure lo è.

Perché nei reparti non ci sono le visite dei parenti, non ci sono le tv accese o le infermiere con il carrello del pranzo. Ci sono solo persone malate con il volto stanco che stringono tra le mani un cellulare per sentire la voce della propria famiglia che temevano di non rivedere più. Nel reparto Covid-19 ci sono i primi letti con due uomini anziani coricati, i loro occhi sono quasi assenti, i loro visi sono attraversati da un tubicino che si ferma nel naso, entrambi li abbiamo salutati ma non hanno avuto la forza di rispondere, sono ancora instabili, fortunatamente nella loro stanza entra la luce del sole dal finestrone.

Il silenzio della prima stanza viene rotto dalle voci di due pazienti donne, in condizioni di salute meno critiche. La prima è una signora settantenne, residente a Gioia Tauro, la quale ci accoglie con un sorriso e ci racconta la sua storia di paura della morte e tanto dolore fisico. «Sognavo ogni notte la mia morte, avevo tanta paura di morire e soffrivo, inspiegabilmente. Ho sempre indossato la mascherina, non uscivo di casa, forse ho preso il virus in chiesa durante le celebrazioni dei defunti, una sera infatti si sono manifestati i primi sintomi: dolori muscolari, febbre alta e un dolore insopportabile al petto, non respiravo più, mi sentivo soffocare e sono stata ricoverata al Gom di Reggio Calabria dove mi hanno applicato l’ossigeno, da quel giorno pian piano ho ripreso la mia normale respirazione ed ho ripreso la mia vita».

Reduce della terapia sub intensiva, la signora reggina ha invece 52 anni, inizialmente asintomatica, è stata ricoverata al Gom di Reggio Calabria con il padre, che ha visto morire sotto i suoi occhi. «È stato terribile – ci confida la signora – spiegando: «Le mie condizioni di salute sono improvvisamente precipitate, sono arrivata ad un passo dalla terapia intensiva ma il personale medico ha fatto di tutto per evitare di intubarmi, hanno provato con la casco terapia, avevo un’ora di vita. Sono sensazioni indescrivibili quelle che si provano con il coronavirus, è come se qualcuno inaspettatamente si impadronisse di te, del tuo corpo, della tua mente e della tua anima». Ad un passo dalla guarigione, la signora di Reggio Calabria ha paura dell’incoscienza delle persone. «Io non auguro niente a nessuno ma porterei tutti coloro che non credono al Covid -19 in una delle terapie intensive o sub intensive per far sentire loro le urla e il dolore estremo degli esseri umani». La stessa rivolge un ringraziamento ai medici ed infermieri che ogni giorno combattono una guerra senza armi. «Si sono trovati ad affrontare qualcosa più grande di loro senza gli strumenti a causa di una sanità che li ha lasciati soli».

Con gli occhi lucidi, un uomo di 68 anni ci confida la sua estrema sofferenza durante i primi cinque giorni di coronavirus in terapia intensiva. «Per cinque giorni ho sempre visto davanti ai miei occhi un muro bianco, senza via d’uscita, insormontabile, temevo di non farcela, temevo di non rivedere più i miei figli. Oggi, ce l’abbiamo fatta» asserisce con commozione il signore ancora positivo, aggiungendo che finalmente può sentire la sua famiglia al telefono. Non ci sono casi gravissimi nei reparti Covid-19 di Gioia Tauro, ci sono solo tante persone umane non tutte anziane che attendono con ansia il tampone giusto quello negativo per poter tornare a casa per vivere una nuova vita.

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