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Le autorità presenti a Locri

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La presenza a Locri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per incontrare i familiari di centinaia di vittime innocenti delle mafie rappresenta tante cose insieme.

LA presenza oggi a Locri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per incontrare i familiari di centinaia di vittime innocenti delle mafie, in vista della grande giornata nazionale della memoria che animerà la stessa città martedì per iniziativa di Libera, rappresenta tante cose insieme. È un momento alto di quel processo che tenta di far uscire il dolore dalla dimensione familiare di chi si è visto sottrarre “ingiustamente” un proprio caro, fino a renderlo collettivo.

Un momento alto perché Sergio Mattarella, che è egli stesso familiare di una vittima innocente della mafia, è la massima espressione dello Stato, è lo Stato. La sua presenza in Calabria è un segnale importante – come lo è la scelta di Libera di tenere a Locri la manifestazione nazionale di quest’anno – per questa terra ferita, oppressa sotto certi aspetti in maniera più marcata, rispetto ad altre realtà nazionali, dalla “piaga”, per usare la definzione generale di papa Francesco, “del crimine e della corruzione”.

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Una terra che è anche frenata da uno “Stato” che, fuor di retorica, non sempre funziona bene. E la parola Stato è tra virgolette perché di fronte a inefficienze, ritardi insopportabili e inadempienze, il cittadino non consulta un manuale di diritto amministrativo, ma pensa a tutte le strutture pubbliche come allo “Stato”. La retorica. Ha ragione don Luigi Ciotti quando mette in guardia dalla retorica della “legalità”, un termine assai spesso abusato in virtù del quale negli anni hanno trovato terreno fertile piccoli e grandi mostri che sotto il vessillo della legalità e dell’antimafia hanno prodotto il nulla. Ha ragione don Luigi quando avverte che “la mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel puntare il dito senza fare nulla per poi voltarsi dall’altra parte e magari indignarsi e protestare ma senza far nulla”.

Il senso dell’“impegno”, a cui anche si richiama la giornata nazionale della memoria, deve essere davvero una pioggia che bagni tutti, deve essere svestito dalla retorica, ma anche dall’alibi della retorica: abbiamo tutti il dovere morale, ancor prima che civico, di non essere indifferenti, abbiamo tutti la necessità – seppure non sempre l’avvertiamo o non ne abbiamo piena consapevolezza – di abbandonare la strada della superficialità. Abbiamo anche il diritto di avere un sistema Italia (perché il problema non è solo la Calabria) che funzioni, che dia risposte, che sia serio. Guai ad abbandonarsi alle tentazioni della facile via della retorica, ma la paura di inciamparci non ci deve impedire di farci un quadro chiaro di quello che non va, e che, per intenderci, non è altro che nutrimento per quelle piaghe, mafie e corruzione, che hanno fatto e fanno troppe vittime, in termini di persone ammazzate e di speranze e aspirazioni soffocate. Quant’è bello questo abbraccio ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, quant’è bello e doveroso condividere con loro – nel più rigoroso rispetto della loro sfera personalissima – un pezzo di quel dolore ingiusto. Ma a loro spetta anche un risarcimento.

E glielo deve dare il Paese. A quei figli che oggi, come negli anni passati, non possono fare gli auguri al papà perché qualcuno glielo ha ammazzato solo perché faceva il suo dovere o perché non aveva inteso piegarsi alle mafie, il Paese, lo Stato, che in molti casi non è stato in grado di dare risposte nei processi, che tante volte ha lasciato quei delitti impuniti, deve dare almeno una risposta di serietà. Deve fare il massimo sforzo perché gli apparati burocratici funzionino e siano liberati dalla corruzione, la magistratura deve funzionare come i codici e le leggi prevedono che funzioni (e oggi non sempre è così).

La politica, che tante e “alte” risposte dovrebbe dare, combatte più o meno conscia contro il rischio di una totale autodelegittimazione. E qualche volta dà l’impressione di aver abdicato al suo ruolo, lasciando praterie sconfinate a retorica, populismi e banalità. Nessuno può restituire ai familiari quelle vittime. La giornata della memoria deve farci prendere in carico un pezzo di quel dolore ingiusto, deve offrirci l’occasione di riflettere su un percorso quotidiano, ognuno nel suo, di impegno concreto contro le piaghe. Chi ha responsabilità pubbliche, dai livelli più bassi, si assuma la responsabilità di una scelta di rigore e serietà perché questo Paese possa, tra l’altro, degnamente rendere omaggio a quelle vittime. E non è vero che in Calabria, come sbrigativamente si è portati a pensare, si “è perso il senso dello Stato”.

Per questo, oggi, quella gran parte di calabresi con la coscienza a posto e con la voglia di rompere l’indifferenza, sono fieri e grati al presidente Mattarella per la sua presenza.

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