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REGGIO CALABRIA – Max Gazzè ha affidato ad un teatro Cilea da sold out, a Reggio Calabria, davanti a centinaia di fan accorsi alla prima tappa del tour “Al teatro sotto casa”, il proprio messaggio per il Museo bruciato e la denuncia contro la mano che ha acceso la miccia: «Mi rivolgo a chi ha compiuto questo ignobile gesto – ha detto dal proscenio – questa non è furbizia, ma ignoranza e stupidaggine: mi rivolgo a te che hai appiccato il fuoco. Sappi che non è certo attraverso il fuoco che puoi distruggere la storia della musica». Un messaggio forte, proprio perchè viene da chi vive di musica. Una musica sotto attacco, a Reggio Calabria, dove le fiamme hanno divorato centinaia di strumenti dentro il Museo della ex stazione Lido. 

Abbiamo allora voluto sentire alcuni artisti che, nella loro carriera, in quella ex stazione, hanno vissuto una tappa del proprio viaggio musicale. A far risuonare i tamburi del Museo dello strumento musicale negli anni Novanta c’era quello che oggi è un numero primo delle percussioni sulla scena internazionale. Giovanni Imparato, già al fianco di Renzo Arbore con l’Orchestra italiana, di Mina, Dalla e Ramazzotti (per citarne solo una manciata), in quella stazioncina a ridosso del Lungomare ha formato molti artisti reggini. Un percussionista che ha incantato Ray Charles, che sentendolo durante una registrazione tv, si fermò per sapere chi fosse «quell’artista che suonava così bene».
Giovanni, che oggi è un numero primo delle percussioni e del canto tribale, non dimentica però il Museo reggino e lo incita a rinascere: «Quell’antica “ferrovia del suono” ha sempre avuto un’energia armoniosa – ci dice – sono desolato, è molto triste la matrice dolosa di questo incendio. Perchè il Sud deve primeggiare nell’avere la guerra dentro? Perchè – continua – essere così arrabbiati con la propria madre, che è la terra, la cultura, la musica, l’arte? Mi chiedo quale futuro per questa gente, che lascerà solo un infinito vuoto, sprecando la propria vita e quello che di prezioso ha avuto intorno». 
Peppe Voltarelli, targa Tenco 2010, artista eclettico, autore delle musiche del film Tatanka e indimenticabile “Tony Vilar”, oggi è un nome ben riconoscibile della musica internazionale. In quella ex stazione, quando ancora era il leader della band “Il parto delle nuvole pesanti”, aveva presentato un lavoro che poi ebbe enorme riscontro. Si trovava all’estero Voltarelli quando il Museo dello strumento musicale bruciava. Ieri, rientrato in Italia, ci diceva: «Penso che la distruzione del Museo di Reggio sia un atto di vigliaccheria e di autolesionismo: distruggere un bene comune è un atto di inciviltà e per questo aderisco all’appello (in questi giorni i messaggi per il Museo reggino stanno arrivando da tutto il mondo) per la ricostruzione del Museo. Quella ex stazione – ribadisce Voltarelli – è e deve tornare luogo di gioia e di condivisione, contro l’isolamento e il silenzio». 
E agli ex colleghi di Voltarelli, “Il Parto delle nuvole pesanti”, band che continua con successo la propria strada musicale, abbiamo chiesto un ricordo di quel lancio del nuovo album dalla ex stazione. «Ricordiamo ancora con grande gioia ed affetto quando nel 2005 il Museo ci accolse per presentare il disco “Il parto”. Per me – ci dice il leader Salvatore De Siena – rimane la casa della musica, più che un museo, un luogo di accoglienza. Il museo di Reggio Calabria è una parte del patrimonio dell’umanità. Incendiarlo è come distruggere un pezzo della nostra anima – continua la band a una sola voce – indignamoci tutti, affinchè non succeda più e impegnamoci tutti perchè venga subito recuperato alla musica, all’arte, alla città e agli uomini».
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