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ALL’INFERNALE macchina della burocrazia non interessa se su quel campetto si gioca una partita che va al di là delle magliette sudate e dell’agonismo dei bambini, se sull’erbetta sintetica si impara a restare in linea con la legalità oltre che con i compagni di reparto che vogliono mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari. E così, quando l’associazione Don Milani, una delle tante realtà che gravitano nella galassia di Libera e nell’aura del carisma di don Ciotti, ha chiesto notizie sul lotto di terreno che ospitava l’impianto sportivo, la risposta è stata tecnicamente ineccepibile: l’Arssa, l’agenzia regionale per lo sviluppo agricolo, non concede le sue proprietà né in fitto né in comodato, se vogliono restare in quegli spazi devono acquistarli. A quale prezzo? Quello di mercato, per un’area che il piano regolatore di Gioiosa Ionica ha classificato come edificabile: 186 mila e 578 euro.
Nasce così l’intreccio che ieri, in un editoriale sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport, il direttore Andrea Monti ha definito “una priorità nazionale, tanto e più di molte leggi in discussione al Parlamento”, avviando una sottoscrizione. Quel campo sul versante orientale della provincia di Reggio Calabria è diventato, in poco più di 24 ore, un luogo simbolo. L’appello lanciato dal più importante giornale sportivo, fatto proprio anche dal Quotidiano della Calabria che già ieri ha scritto della vicenda, ha scosso la Federcalcio, la Lega di serie A, quella di serie B e la Lega dilettanti, oltre al principale sponsor della massima serie, la Tim. Alla fine, è più che ragionevole pensare che i soldi necessari per riscattare il campo verranno fuori. E in serata arriva un segnale anche dalla Regione Calabria: Scopelliti ha contattato il direttore della Gazzetta dello Sport offrendo la propria disponibilità a valutare la vicenda e a istituire un tavolo operativo, coinvolgendo il patron della Reggina Foti e gli imprenditori che aderiranno all’appello. 
E’ dagli uffici calabresi che parte il groviglio burocratico. L’assessore Michele Trematerra ha affermato che «solo in seguito ad una esplicita richiesta di acquisto del terreno da parte dell’associazione, l’Arssa, sulla base delle vigenti norme, ha stimato il valore dell’immobile» e ha espresso «stupore per le strane notizie diffuse» perché, ha detto, «la Regione non ha mai minimamente pensato di imporre vendite e tantomeno sfratti di alcun tipo». 
Francesco Rigitano, presidente della Don Milani, spiega però che la richiesta d’acquisto è arrivata dopo aver scoperto che «il terreno, che l’ associazione aveva ottenuto dalla Provincia nell’ambito dei progetti su sicurezza e legalità, era tornato nelle mani dell’Arssa». Racconta di aver chiesto come regolarizzare la situazione, di aver sottolineato che su quel campo si faceva anche attività antimafia. «Mi hanno risposto che per l’Arssa non cambiava nulla: se volevamo restare in quella struttura potevamo solo acquistare il terreno. E noi quei soldi non li abbiamo, ma in questa zona e di questi tempi sappiamo bene chi è che ha liquidità da investire». Già, la ‘ndrangheta. Due giorni fa un raid vandalico ha fatto sorgere sospetti. Ora si attende una reazione che rianimi la speranza.

ALL’INFERNALE macchina della burocrazia non interessa se su quel campetto si gioca una partita che va al di là delle magliette sudate e dell’agonismo dei bambini, se sull’erbetta sintetica si impara a restare in linea con la legalità oltre che con i compagni di reparto che vogliono mettere in fuorigioco gli attaccanti avversari. E così, quando l’associazione Don Milani, una delle tante realtà che gravitano nella galassia di Libera e nell’aura del carisma di don Ciotti, ha chiesto notizie sul lotto di terreno che ospitava l’impianto sportivo, la risposta è stata tecnicamente ineccepibile: l’Arssa, l’agenzia regionale per lo sviluppo agricolo, non concede le sue proprietà né in fitto né in comodato, se vogliono restare in quegli spazi devono acquistarli. A quale prezzo? Quello di mercato, per un’area che il piano regolatore di Gioiosa Ionica ha classificato come edificabile: 186 mila e 578 euro.

LEGGI L’APPELLO DI DON CIOTTI: UNA PICCOLA MA ENORME QUESTIONE

Nasce così l’intreccio che ieri, in un editoriale sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport, il direttore Andrea Monti ha definito “una priorità nazionale, tanto e più di molte leggi in discussione al Parlamento”, avviando una sottoscrizione. Quel campo sul versante orientale della provincia di Reggio Calabria è diventato, in poco più di 24 ore, un luogo simbolo. L’appello lanciato dal più importante giornale sportivo, fatto proprio anche dal Quotidiano della Calabria che già ieri ha scritto della vicenda, ha scosso la Federcalcio, la Lega di serie A, quella di serie B e la Lega dilettanti, oltre al principale sponsor della massima serie, la Tim. Alla fine, è più che ragionevole pensare che i soldi necessari per riscattare il campo verranno fuori. E in serata arriva un segnale anche dalla Regione Calabria: Scopelliti ha contattato il direttore della Gazzetta dello Sport offrendo la propria disponibilità a valutare la vicenda e a istituire un tavolo operativo, coinvolgendo il patron della Reggina Foti e gli imprenditori che aderiranno all’appello. 

E’ dagli uffici calabresi che parte il groviglio burocratico. L’assessore Michele Trematerra ha affermato che «solo in seguito ad una esplicita richiesta di acquisto del terreno da parte dell’associazione, l’Arssa, sulla base delle vigenti norme, ha stimato il valore dell’immobile» e ha espresso «stupore per le strane notizie diffuse» perché, ha detto, «la Regione non ha mai minimamente pensato di imporre vendite e tantomeno sfratti di alcun tipo». Francesco Rigitano, presidente della Don Milani, spiega però che la richiesta d’acquisto è arrivata dopo aver scoperto che «il terreno, che l’ associazione aveva ottenuto dalla Provincia nell’ambito dei progetti su sicurezza e legalità, era tornato nelle mani dell’Arssa». Racconta di aver chiesto come regolarizzare la situazione, di aver sottolineato che su quel campo si faceva anche attività antimafia. «Mi hanno risposto che per l’Arssa non cambiava nulla: se volevamo restare in quella struttura potevamo solo acquistare il terreno. E noi quei soldi non li abbiamo, ma in questa zona e di questi tempi sappiamo bene chi è che ha liquidità da investire». 

Già, la ‘ndrangheta. Due giorni fa un raid vandalico ha fatto sorgere sospetti. Ora si attende una reazione che rianimi la speranza.

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