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EARTH-Moon-Earth, terra-luna-terra, è la complessa arte di far rimbalzare i segnali radio sulla superficie lunare, e , in altre parole, di usare la Luna come satellite naturale per comunicare a grande distanza tra due punti sulla terra. Il principio, molto semplice, consiste nel dirigere l’antenna verso la luna e trasmettere il segnale riflesso dal satellite naturale, che dopo essere ritornato verso la terra, può essere ricevuto in ogni punto della stessa, che in quel momento è in portata ottica con la Luna. È questo uno dei settori di attività radioamatoriale più affascinanti per alcuni dei quarantamila radioamatori sparsi in tutt’Italia. Tra questi, a Reggio Calabria, vive e opera da oltre 40 anni Bruno Surace, un radioamatore alla guida della sezione reggina dell’Associazione Radioamatori Italiani, ente morale fondato nel 1927, che “nell’era attuale” è in grado di ricevere segnali radio grazie alla “riflessione della Luna”.
Un’attività particolarmente complessa che, attraverso le bande VHF e UHF, consente di concentrare, nel fascio più stretto possibile, il segnale radio, puntarlo sulla Luna – che ha una dimensione angolare di 0,5 gradi – attendere circa 1,3 secondi che la raggiunga, dopo aver percorso 385.000 ± 20,000 km, e aspettare altri 1,3 secondi affinché, la piccola parte riflessa, ritorni sulla Terra e raggiunga l’antenna del corrispondente. Tecniche di trasmissione e ricezione digitale oggi molto raffinate, sperimentate a partire dal 1950, e che grazie a sofisticati congegni elettronici riescono a ovviare alla estrema attenuazione dei segnali che ritornano a terra nonostante le latenze di un percorso lungo circa 730 mila chilometri. E quanto meno affascinante l’attività di Surace e dei radioamatori italiani che, con le loro 40 mila stazioni autorizzate, garantiscono, in ogni condizione, un ponte radio di emergenza “capace di offrire professionalità – ci dice il numero uno dei radioamatori reggini – aiuto e soprattutto solidarietà a chi, in un determinato momento, venga coinvolto da calamità”.
È superfluo sottolineare l’importanza che riveste la comunicazione nel sistema di protezione civile, tanto più se questa avviene nel modo più rapido, tempestivo ed efficace, per segnalare qualsiasi tipo di problema, trasferire informazioni e coordinare azioni di soccorso e, ancora, “parlare” con il mondo e farsi riconoscere attraverso un semplice codice alfanumerico. La tecnologia utilizzata dall’Ari è quella della “radiopropagazione ionosferica” in onde corte, che garantisce la continuità nei flussi di comunicazione, anche in caso di blackout della telefonia mobile e fissa, o di assenza di segnale satellitare. Infatti, se gli impianti di comunicazioni fisse (quali ripetitori VHF e UHF, fibre ottiche, internet) possono essere danneggiati, con la tecnica della riflessione ionosferica il rischio è scongiurato. Circa 2500 radioamatori volontari che garantiscono, costantemente, le radiocomunicazioni di emergenza in perfetta collaborazione con tutte le prefetture italiane con le quali svolgono, periodicamente, esercitazioni programmate e che fanno capo alla rete nazionale delle radiocomunicazioni alternative di emergenza di cui uno dei tre capomaglia nazionali (di riferimento per il sud Italia) è proprio Bruno Surace (in codice I8SUD) con la centrale installata nella sala operativa della prefettura in riva allo stretto.
Una procedura che, in caso di emergenza, sarà allertata tempestivamente dal Prefetto e che entrerà in funzione, con compiti di capo maglia, fino all’arrivo sulla frequenza prestabilita delle prefetture designate dal Ministero dell’Interno e che sono Varese, Siena e, quindi, Reggio Calabria. Già in occasione del terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 Surace ebbe modo di prestare la propria opera ottenendo per questo un attestato di benemerenza direttamente da Giuseppe Zamberletti, Commissario Straordinario per le zone terremotate della Campania e della Basilicata. Un’altra grande soddisfazione per i radioamatori italiani è arrivata con l’ingresso nella rete delle radiocomunicazioni di emergenza civile nazionale della portaerei Cavour, la nave più rappresentativa della flotta della Marina Militare, impegnata dalla sua entrata in funzione nel 2009 in diverse operazioni umanitarie. Un riconoscimento ulteriore del grande lavoro di Surace e degli altri radioamatori che si sono messi a “inseguire” quelle onde hertziane, che lo stesso Guglielmo Marconi già nel 1901 pensò di utilizzare a scopi di comunicazione.

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